La rivoluzione digitale non finisce mai. Lo sa bene il team di Flazio.com, la prima piattaforma no-code italiana per realizzare e gestire siti professionali, recentemente premiata dal Financial Times come una delle aziende più innovative e in rapida crescita d’Europa. L’azienda catanese nata nel 2012, negli anni ha allargato i propri orizzonti – a partire dai progetti di internazionalizzazione verso gli Usa, Spagna e Francia – con un unico obiettivo: «Rendere più democratico l’accesso al web». Ed è proprio in quest’ottica che nasce il progetto Flazio Digital Hub, con cui l’azienda ha pianificato un importante piano di investimenti che prevede nuove assunzioni e l’acquisto di una nuova sede, un polo per sostenere la trasformazione digitale di imprese e istituzioni a livello nazionale e internazionale.
Una struttura di oltre 600 metri quadrati, distribuiti su tre livelli, su un lotto di terreno di 1200 metri quadrati, diventerà il centro nevralgico dell’azienda con l’obiettivo di «diventare un network territoriale, attivo e ramificato, capace di mettere in rete le imprese, le associazioni di categoria, le istituzioni e le università – racconta Flavio Fazio, CEO di Flazio.com – in un percorso condiviso a supporto della digitalizzazione». Con un quadro completo davanti, Flazio diventa dunque, grazie alla nuova
sede, una smart factory per lo sviluppo di nuove competenze digitali e l’organizzazione di eventi e workshop a sostegno di imprese, università e istituzioni. «Abbiamo in programma progetti e percorsi per stimolare e promuovere la domanda di innovazione – spiegano da Flazio.com – per rafforzare il livello di conoscenza e consapevolezza sulle opportunità offerte dalla digitalizzazione».
L’obiettivo di Flazio è quello di diventare un punto di riferimento come fornitore di servizi di innovazione, formazione e sviluppo di competenze tecniche per migliorare i processi aziendali e produttivi, con un occhio di riguardo anche per la sostenibilità e la circolarità: vere protagoniste dello sviluppo contemporaneo. Un progetto pensato per evitare il rischio di piombare in una sorta di Medioevo digitale dovuto all’analfabetismo sulle tecnologie informatiche, ancora imperante in alcuni settori. E che, troppo spesso, blocca l’evoluzione economica e sociale. Si tratta di una sfida che non si può più rimandare, per essere davvero competitivi.
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