Firme false M5S, i risultati dei grafologi della Procura «Quattro compatibilità parziali, ma mani sono di più»

I grafologi nominati dalla Procura si sono espressi e hanno individuato per quattro esponenti del Movimento 5 Stelle una parziale compatibilità con le mani degli autori della falsificazione delle firme. I fatti risalgono alla notte del 4 aprile 2012: secondo la ricostruzione dei magistrati, il parlamentare nazionale Riccardo Nuti insieme a un gruppo ristretto di attivisti, dopo essersi accorti di un errore di compilazione – il comune di nascita di un sostenitore che aveva firmato -, avrebbero deciso di ricopiare le sottoscrizioni ricevute per correggere l’errore, scongiurando così il rischio di invalidare la presentazione delle candidature. «Ho letto in merito ai risultati della perizia grafologica molte cose davvero fuorvianti», dice a MeridioNews la deputata regionale Claudia La Rocca. «Il punto è questo – spiega – La perizia è stata fatta sui campioni disponibili. Fra i candidati le uniche persone che hanno rilasciato il saggio grafologico sono state davvero poche. Gli altri campioni, perciò, sono stati raccolti da materiale universitario e simili, ma è chiaro che non può essere sufficiente e questo nella perizia è sottolineato».

«Sono state rilevate delle compatibilità con un tot numero di persone: io, il mio collega Giorgio Ciaccio, Giuseppe Ippolito e Samanta Busalacchi – continua la deputata – Ma anche Riccardo Ricciardi, Claudia Mannino, Giulia Di Vita, insomma quelli che non avevano rilasciato il saggio grafologico». Ad essere accusati delle falsificazioni, infatti, sono in undici su quattordici indagati. «Ovviamente nelle persone che non hanno lasciatio il saggio, la compatibilità è più incerta, questo è normale, ma non significa che quellil che hanno firmato sono in quattro», continua La Rocca. Nella sua perizia personale, ad esempio, è stato rilevato il suo intervento solo in «mezza firma, su 310 analizzate». Lei che ha spiegato, durante gli interrogatori con i pm Dino Petralia e Claudia Ferrari, di non ricordare cosa avesse esattamente ricopiato: «Sono passati cinque anni e so di non essere mai stata una maga della ricopiatura, nemmeno all’epoca della scuola. Il reato non cambia, certo, come aver firmato o essere solo stato presente – dice – Se uno dovesse giudicare scientificamente, probabilmente io mi sono occupata della compilazione solo di alcuni campi». Motivo per cui nella sua perizia risulterebbe la compatibilità parziale con mezza firma soltanto e la compilazione di altri otto campi.

«I tecnici sono stati chiari: hanno scritto che si sono rilevati dei riscontri sulle persone che risultano, quindi anche Mannino e di Vita per esempio, però solo di quattro c’è una parziale compatibilità, quelli cioè che hanno rilasciato il saggio grafologico. Per gli altri la compatibilità è minore perché non lo hanno rilasciato e i campioni sono insufficienti». Nella perizia, ad esempio, viene spiegato come anche nel caso di Riccardo Nuti non sia stato possibile fare un riscontro, i campioni erano troppo esigui, «ma questo è diverso dal dire che hanno ricopiato le firme solo in quattro, perché non è andata così – continua – Nella mia dichiarazione ai pm ho detto che lui era presente, perche c’era quella notte». Nel documento dei periti, infatti, è più volte specificato che «la ricopiatura proviene da diverse mani», «mani che probabilmente sono pure di più rispetto a quelli che sono gli indagati», dice ancora La Rocca.

«Non capisco onestamente la poca collaborazione dei colleghi». La deputata non si spiega come mai in molti abbiano deciso, come strategia difensiva, di non rispondere ai magistrati e di non sottoporsi a questo esame. «Il comportamento quasi di ostruzionismo di alcuni – prosegue – è legittimo, ma non è coerente con l’essere un personaggio politico che porta avanti certi valori. Loro stanno solo allungando il brodo». Il risultato è una perizia non sicura al cento per cento, realizzata in poco tempo e potendo lavorare su pochissimo materiale. «Quando mi hanno fatto realizzare il saggio, i periti mi hanno chiesto di scrivere a mano ben due pagine intere – spiega – Quindi è chiaro che non possono bastare due righe ritrovate in qualche documento a caso del passato».

Intanto alcuni indagati continuano a sollevare polveroni. «Di Vita, Nuti e Mannino hanno scritto nelle loro pagine Facebook che il saggio grafologico escludeva il loro coinvolgimento in questa storia – racconta – Notizia totalmente falsa, loro non si sono sottoposti a questo esame e nonostante ciò, la perizia ha comunque trovato delle compatibilità, meno certa rispetto ad altre solo perché mancano i campioni. La loro versione, da qualsiasi parte la si guardi, non sta in piedi». Le indagini, intanto, sono giunte al termine, dando il via a una situazione quasi di stallo, nell’attesa di eventuali rinvii a giudizio: «È come essere in un limbo, è questa la sensazione. Questa storia ha totalmente stravolto il percorso che stavo facendo», racconta infine. «Le verità è che eravamo dei ragazzetti allo sbaraglio, dietro questo errore non c’è stato nessun ragionamento politico, ma solo stupidità e ignoranza. Non avevamo cognizione di quello che stavamo facendo, che fosse un reato penale, né quello che avrebbe comportato. Neppure chi ha denunciato credo lo abbia fatto per amore della giustizia – conclude – Se per esempio Vincenzo Pintagro, all’epoca candidato, fosse stato in buona fede avrebbe denunciato tutto all’epoca. Ha fatto uscire tutto dopo anni solo per ragioni politiche, per danneggiare alcune persone del Movimento per sue vendette personali».

Silvia Buffa

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