Chiesto il rinvio a giudizio per tutti i quattordici indagati del Movimento 5 Stelle coinvolti nell’inchiesta sulle presunte firme false ricopiate in occasione delle liste da presentare per le Comunali del 2012. I grafologi della Procura si erano espressi solo una settimana fa con una perizia fatta principalmente di conferme, malgrado i pochi campioni a disposizione. Non tutti gli indagati infatti hanno optato per una strategia di collaborazione, rifiutando di sottoporsi al saggio grafologico necessario ai tecnici. In molti, poi, hanno preferito non dire nulla i pm Dino Petralia e Claudia Ferrari che hanno condotto gli interrogatori sino a poche settimane fa.
Confermati tutti i nomi: primo fra tutti quello dell’ex candidato a sindaco Riccardo Nuti, che secondo la ricostruzione fatta dai magistrati sarebbe stato l’istigatore, la notte del 4 aprile 2012, della ricopiatura delle firme nelle liste. Non un vero e proprio piano in realtà, a detta della deputata regionale Claudia La Rocca, anche lei rinviata a giudizio, che ha da subito collaborato con gli inquirenti e a MeridioNews ha raccontato che quella sera a spingerli non fu nessun piano o dietrologia, erano solo «dei ragazzetti allo sbaraglio, dietro questo errore non c’è nessun ragionamento politico, solo stupidità e ignoranza». A scatenare tutto un errore di trascrizione in un elenco, il comune di origine sbagliato di fianco al nome di un firmatario, Giuseppe Ippolito, anche lui coinvolto nella vicenda e rinviato a giudizio.
Seguono a ruota l’altro deputato regionale che ha deciso immediatamente di collaborare con i pm, Giorgio Ciaccio, e Stefano Paradiso detto Alessio. Completano la lista le parlamentari Claudia Mannino, Giulia Di Vita e anche Samanta Busalacchi, all’epoca attivista pentastellata, alla quale gli inquirenti attribuiscono l’idea della ricopiatura. Rinvio a giudizio anche per Alice Pantaleone, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Francesco Menallo, Toni Ferrara e il cancelliere che raccolse e depositò gli elenchi manomessi, Giovanni Scarpello. Tutti, in maniera diversa, erano da tempo in attesa che la situazione a livello giudiziario si smuovesse: alcuni continuando a sollevare le polemiche attraverso le piattaforme social, altri portando avanti il proprio lavoro consapevoli della propria responsabilità in questa vicenda.
E nel primo pomeriggio è arrivato il duro commento di tre indagati: «Ci è chiaro il tentativo di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata, che salvo ripensamento del Gup i magistrati avranno modo di smascherare nel processo penale». Lo affermano i deputati Nuti, Di Vita e Mannino. In una nota, i tre deputati, sospesi dai probiviri dei 5stelle dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, scrivono: «Apprendiamo dalla stampa della richiesta di rinviarci a giudizio nel procedimento penale sulle firme per le ultime comunali di Palermo». E aggiungono: «Attenderemo la notificazione della richiesta, poi a Roma terremo una conferenza stampa in cui racconteremo che cosa abbiamo detto ai magistrati e le novità di peso che abbiamo fatto emergere nell’interrogatorio sostenuto di recente».
«Fino ad oggi – continuano i deputati – abbiamo subito in silenzio menzogne e insinuazioni, sia sulla scelta di sottoporci a interrogatorio una volta apprese le accuse a nostro carico, sia sulla scelta di rilasciare il saggio grafico in un secondo tempo. Le tesi accusatorie – chiariscono i deputati – si fondano sulle testimonianze di Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, le quali, avendone già dimostrato l’inattendibilità per marcate incongruenze, dovranno reggere nel processo. Abbiamo fiducia nella Giustizia – concludono – e siamo certi di poter provare la nostra innocenza e i nostri tentativi di contrastare assalti mirati al gruppo politico palermitano. A riguardo daremo i particolari nella conferenza stampa dei prossimi giorni».
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