Finita la rivolta dei migranti nell’Agrigentino Da nove mesi attendono una risposta

Dallo scorso giugno sono in attesa di sapere se potranno rimanere in Italia come rifugiati politici o saranno costretti a tornare in Nigeria. La loro pazienza è finita dopo nove mesi e stamattina è scattata la rivolta nella piccola casa di accoglienza Alice a Palma di Montechiaro, nell’Agrigentino. Diciotto nigeriani si sono asserragliati nella struttura prendendo in ostaggio uno dei responsabili della comunità, Luigi Tannorella, 33 anni. I migranti hanno chiesto di essere trasferiti al centro per richiedenti asilo di Mineo, per ricongiungersi a parenti e amici. Soltanto nel pomeriggio, dopo una lunga trattativa con la polizia, Tannorella è stato fatto uscire. Domattina gli immigrati verranno trasferiti in altre strutture identificate dalla Protezione civile. «Non andranno al Cara di Mineo come chiedevano perché non ci sono posti», precisa Totò Cavaleri, dirigente del commissariato di polizia di Palma di Montechiaro. Probabilmente rimarranno ad Agrigento, o al massimo, aggiunge Cavaleri, «verranno trasferiti in alcune comunità delle province vicine».

La comunità Alice nasce come struttura di accoglienza per minori disagiati, anche stranieri. Ma da febbraio scorso, a seguito dell’eccezionale ondata di sbarchi dalla Tunisia e dalla Libia e su richiesta della Protezione civile, ospita anche richiedenti asilo. Al momento in totale sono 24 gli ospiti della casa, compresi i 18 nigeriani autori della protesta. «Sono sempre stati soggetti tranquilli – informano dal commissariato di polizia locale – In città non hanno mai creato problemi. Certo, stare dieci mesi in una piccola struttura stanca».

Secondo un indagine del ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel 2009 i tempi medi di attesa dei minori stranieri nella comunità Alice erano di cinque mesi. Numeri lievitati dopo l’emergenza della scorsa primavera. Nel 2011 sono stati 60mila gli immigrati sbarcati a Lampedusa provenienti da Libia e Tunisia. «I tempi giusti di attesa per ricevere un permesso di asilo politico dovrebbero essere al massimo di sei mesi», spiega Riccardo Campochiaro, avvocato del centro Astalli di Catania, che segue le richieste di numerosi ospiti del Cara di Mineo. «Purtroppo però anche a Mineo si attendono dieci o dodici mesi». Sono due le commissioni territoriali che hanno il compito di rilasciare il permesso di asilo politico: una a Trapani, da cui dipendono anche le domande dei 18 nigeriani di Palma di Montechiaro, l’altra a Siracusa. Nei mesi scorsi, si è aggiunta una sede distaccata, proprio a Mineo. «Le Commissioni – aggiunge Campochiaro – valutano caso per caso. Fatta eccezione per Somalia ed Eritrea, non viene mai riconosciuto lo status di rifugiato politico basandosi solo sulla nazionalità. Dipende dalla storia delle singole persone. Lo stesso discorso vale anche per i nigeriani, anche se nel Paese nell’ultimo anno ci sono stati violenti scontri tra cristiani e musulmani».

Non è la prima volta che la comunità Alice è teatro di fatti di cronaca. Nel dicembre del 2007 un giovane transessuale di origini catanesi si suicidò proprio nella struttura di Palma di Montechiaro. Si chiamava Paolo e aveva appena 16 anni.

[Foto di Valentina_A]

Salvo Catalano

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