Fieravecchia, la mostra sul mercato di piazza Rivoluzione «Per cinque secoli è stato il centro nevralgico della città»

Pittura, scultura, design e artigianato in mostra allo Spazio Arèa sulle orme di Fieravecchia, dal 17 al 24 dicembre un’esposizione mista per rievocare lo storico mercato che animava piazza Rivoluzione, nel quartiere della Kalsa di Palermo, coinvolgendo mercanti d’armi, tele di olona, juta e canapa. «Fieravecchia è stato il centro economico della città per più di cinque secoli – racconta Giovanni Lo Verso, presidente di Arèa e organizzatore dell’evento – qui si svolgeva il mercato. Era un punto nevralgico: politico e culturale. Nelle vie Alloro e Garibaldi si concentrava la nobiltà del sud Italia, del Regno delle due Sicilie».

La presenza del mercato Fieravecchia sembra avere origini antichissime: un documento del 1291, conservato nell’archivio della Chiesa della Magione, ne testimonia la presenza già all’epoca. La mostra però «non è una fiera natalizia – continua Lo Verso – ogni opera è frutto di persone di cui io ho grande stima». Ad esporre i loro lavori, al secondo piano di via Schiavuzzo 65, ventinove artisti. Tecniche e arti differenti trovano posto negli spazi di Arèa. Lungo il corridoio alcuni dipinti provocatori del laboratorio Saccardi: Merda di gallerista si legge su uno sfondo rosso e verde. Un letto di tonalità marroni, ninfee, poi una scena splatter, fumettata da Gianni Pedone.

L’uomo, disteso su un lettino, viene segato alle gambe a riprendere Ipermoto, il gruppo di sculture realizzate da Lo Verso ed esposte più avanti. «Il progetto è di Pedone,- racconta Lo Verso – lui è il designer, di mio c’è solo l’intervento tecnico, da esecutore e modellista». Appesi nella grande sala adibita a spazio espositivo i dipinti di Marcello Buffa, Igor Scalisi Palminteri, Alessandro Bazan. Poggiati sul pavimento, alcuni vasi-scultura dalle forme bizzarre, realizzati da Raffaele Piccoli. «Lui non è molto noto – spiega Lo Verso – ma è un grande artista ed artigiano. Fa raku, una tecnica della ceramica, antica, particolare, molto complessa».

Esposti e in vendita anche peluche, coppole, collane e borse. Ambra Di Trapani spiega come, dopo un viaggio fatto in barca a vela, è nata l’idea di realizzare una borsa. «È ispirata allo skipper – spiega la designer – piccola e pratica, ottima per chi viaggia molto, si attacca alle asole dei pantaloni». Sensazioni, impressioni e idee scrive Ambra Di Trapani sulla mappa dell’itinerario, ti ho preso all’amo è invece una collana.

In mostra anche gli assemblaggi di Luca Mannino. Desktop garden e case minime in gesso, resina, oggettini e materiali vari laccati in bianco. «Molte cose le recupero nei mercatini e poi le rimonto in questi lavori – spiega Mannino, poi racconta la sua opera Noi siamo la rana – questo lavoro parla di empatia. Idealmente si muove in maniera vorticosa, dentro c’è un liquido che crea fastidio alla rana. Lei vive dentro una coppa, in un perimetro ristretto e ha solo un piccolo spazietto per vedere cosa succede giù. Il bordo le impedisce una visione complessiva del meccanismo: percepisce solo il fastidio, il bordo ci divide dalla realtà, noi siamo la rana».

Nell’opera anche il dramma della migrazione, manine innocenti e una tagliola; braccia che provano a raggiungere la coppa, posta in alto, una mano che le allontana. «Noi la percepiamo con un certo distacco questa cosa qua – continua Mannino – ma in realtà è tutta vera». Tra le opere esposte anche la cuba di Salvo Salvato, un’opera complessa che al suo interno racchiude l’arte palermitana. «È una sorta di laboratorio – spiega Valentina Stelluccio – in quest’opera c’è tutto: incisione, mosaico, il Cristo Pantocratore, Santa Rosalia, Monreale. Le finestre sono realizzate in acciaio, lavorate a mano nei dettagli. E’ uno scrigno». In mostra anche le fusioni raffiguranti Ruggero e Federico II.

Poi, ancora: i pupi e le teste scolpite in legno di Vincenzo Nocera, le mollie e gli studi sul modellato del padrone di casa, Giovanni Lo Verso, manine in legno con tatuaggi e incisioni. Una grande sedia nera, con dei lunghi tentacoli in tessuto, cattura lo sguardo di chi entra nella sala. Si chiama Octavia, è un polpo, e rappresenta le paure nei sogni, l’ombra in Jung. A progettarla Daniela Balsamo, designer palermitana, suo anche il cranio su una stampa che recita referendum popolare.

In una parete c’è anche un frammento di carretto siciliano, Masciddaro. L’opera, a cura del collettivo Saccardi, raffigura una scena impressa nella memoria siciliana, trasmessa più volte dai media ed entrata a far parte della storia della città (in negativo): la strage di Via D’Amelio. Nella salade di arti presenti all’interno di Fieravecchia anche la fotografia. Alessandro Di Giugno realizza una fotografia particolare in cui l’immagine esce dagli schemi e diventa realtà: oltre allo scatto in verde, un masso. Una pietra prelevata dal luogo fotografato e messa lì davanti alla stampa fotografica.

Tra gli artisti in mostra anche Riccardo Brugnone, con i suoi studi di luce, e Luca Andreolo che nella stampa digitale su tela del genio di Palermo inserisce un tocco contemporaneo. E poi ancora ceramiche e gioielli. Cinque sacche ripiene d’acqua, realizzate da Nelida Mendoza, un’artista paraguayana. «Questo posto nasce da un’idea che ho sempre avuto – spiega Lo Verso – è bello quando luogo e intenzioni si condividono, la condivisione rafforza i buoni propositi, soprattutto in una terra come la nostra in cui l’arte è spesso vista con pregiudizio».

Esposti a Fieravecchia i quadri estivi di Linda Randazzo e un dittico di Andrea Buglisi. Mano e grattugia, due aspetti di un unico senso: il tatto. «Non è necessario raffigurare una mano che si taglia – spiega Buglisi – il momento in sé, per far percepire la sensazione. Ho voluto rappresentare il momento che precede l’evento: la delicatezza della mano e l’abrasività della grattugia».

All’interno di Aréa, spazio anche agli alunni del corso Tecniche del mosaico e affresco dell’Accademia di Belle Arti, guidati da Salvo Salvato. Un’anteprima della mostra che i ragazzi del corso terranno a febbraio. Tra le opere: un rilievo evangeliario realizzato da Valentina Stelluccio e un particolare della mappa ottocentesca di Palermo, nel suo percorso arabo-normanno, in un’incisione su legno di Maria Grazia Pace. «Tecniche del mosaico non è solamente legato al mosaico classico – spiega Stelluccio – tecniche del mosaico è decorazione, oreficeria, scultura, struttura della pietra, incisione, fusione; sono tante cose messe assieme».

Maria Vera Genchi

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