Le donne di Termini Imerese aprono le porte del tempio di Giano: dichiarano guerra a chi le vuole prendere in giro, a chi ha preso in giro i loro mariti, alla strafottenza della classe politica. E al solito snobbismo della grande stampa che non si occupa abbastanza di loro, del dramma che stanno vivendo. Sono le mogli, le madri e le figlie degli operai Fiat di Termini Imerese, a pochi chilometri da Palermo. Sono 2200 famiglie di lavoratori (tra diretto e indetto) che, come vi abbiamo raccontato in questo articolo, hanno visto svanire nel nulla il piano di rilancio industriale dello stabilimento abbandonato dal Lingotto alla fine dell’anno scorso. E hanno visto svanire nel nulla pure le garanzie sugli ammortizzatori sociali. Una situazione che ha portato all’esaperazione, alla rivolta, pacifica, ma decisa.
Da due giorni una delegazione di tute blu sta occupando la sede locale dell’Agenzia delle entrate. Da stamattina anche quella della Serit locale. E le donne termitane sono al loro fianco, determinate più che mai a fare sentire la loro voce. Ieri hanno scritto un appello al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Oggi, stanno chiedondo aiuto al Papa, perché rivolga un pensiero alla loro disperazione. La lettera sta per essere spedita. E ce ne è una anche per Renato Schifani, presidente del Senato e palermitano. A lui scrivono di non dimenticare di essere un figlio di questa terra e di portare all’attenzione delle più alte istituzioni italiane l’emergenza Termini Imerese.
E poi una protesta che tenteranno d portare all’attenzione dell’opinione pubblica: la stampa. Soprattutto quella nazionale. “Non siamo figli di un dio minore” ci dice una di queste combattenti siciliane, “non si capisce perché danno così poco spazio al nostro dramma. Un esempio? Ieri sera a Piazza pulita , su La7, non ci hanno dato neanche il tempo di dire tutte le cose come stanno e subito sono tornati a parlare di coalizioni e beghe politiche, mentre noi rischiamo di morire di fame”. Beh, magari se si fossero suicidate la grande stampa ne avrebbe parlato di più.
Ma loro non si vogliono suicidare né morire di fame in silenzio. Sono siciliane doc.
Termini Imerese, esplode la rabbia
Sicilfiat: né lavoro, né pensione
Fiat, le donne di Termini Imerese scrivono a Giorgio Napolitano
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