Ferragosto, boss Mario Strano bloccato in un resort Tenta la fuga con la complicità dei parenti, arrestato

Si era recato ad Altavilla Milicia, piccolo Comune a 20 chilometri da Palermo, per trascorrere uno spensierato Ferragosto insieme alla famiglia. Incurante però del suo status di sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno che gli impediva l’allontanamento da Catania. Così il boss etneo Mario Strano è finito in manette ed è stato trasferito nel carcere di Termini Imerese, accusato di violazione degli obblighi di legge, resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. Ora dovrà aspettare il processo per direttissima, che potrebbe svolgersi al tribunale di Catania. L’uomo era stato scarcerato l’ultima volta il 29 aprile 2015, dopo quattro condanne per mafia come appartenente alla famiglia di Cosa nostra dei Santapaola. Nel 2011 l’ultimo giudizio per l’affiliazione alla cosca dei Cappello. Un passaggio ricostruito grazie all’inchiesta Revenge, che nel 2009 evita il proseguimento di una sanguinosa guerra di mafia, che aveva avuto il culmine con l’uccisione del reggente dei Santapaola, Raimondo Maugeri.

Strano si era recato in provincia di Palermo insieme alla famiglia. Alcune stanze prenotate in un resort quattro stelle, il Torre Normanna, a quanto pare a nome dell’uomo. Il progetto vacanziero è stato però interrotto dall’arrivo delle forze dell’ordine del reparto Volanti, come riportato da la Repubblica. Alla vista degli agenti Strano, che è fratello degli altri boss catanesi Claudio e Alessandro, avrebbe tentato la fuga dalla sala ristoro con la complicità dei parenti. I poliziotti sono comunque riusciti a bloccarlo mentre provava a mimetizzarsi tra le siepi. Gli altri componenti della comitiva sono stati identificati. 

Il nome di Mario Strano, per la prima volta imputato negli anni ’90 nel processo Orsa Maggiore, è finito nell’inchiesta Revenge. Anni di indagini che svelano il nuovo scacchiere della mafia alle pendici dell’Etna. Dopo l’omicidio, nell’estate 2007, del reggente della famiglia di Cosa nostra Angelo Santapaola si ridefiniscono gli equilibri dei gruppi, con l’ascesa del clan dei Cappello-Carateddi, retto da Orazio Privitera e Sebastiano Lo Giudice. Gli Strano, tradizionalmente attivi nel quartiere-roccaforte di Monte Po e Nesima, decidono di abbandonare i Santapaola e passare proprio con i Carateddi. Un cambio di casacca non indolore, tutt’altro, che segna nuove fibrillazioni. Nel 2011 il collaboratore di giustizia Giuseppe Scollo svela un colloquio che avrebbe avuto nel carcere di Augusta proprio con Strano. «Salvatore Fazio – racconta il pentito – apparteneva al gruppo di Cibali dei Santapaola, ed era stato incaricato di occuparsi del gruppo di Monte Po per contrastare la presenza degli Strano». Dopo il transito alla nuova cosca ci sarebbe stato anche il progetto di uccidere Strano, come ha raccontato il pentito Gaetano Musumeci. Il boss arrestato a Palermo avrebbe trattenuto per sé la carta delle estorsioni, nonostante il passaggio ai Cappello. 

Tra gli accusatori di Mario Strano c’è anche il pentito Santo La Causa. Grazie alle sue dichiarazioni la Direzione distrettuale antimafia di Catania nel 2013 spicca sette ordinanze di custodia cautelare in carcere per alcuni omicidi commessi tra il 1995 e il 2009. Fatti di sangue riferibili alla famiglia Santapaola e in uno di questi, risalente al 1999, compare anche il nome di Strano. Accusato di essere implicato nell’uccisione di Salvatore Pappalardo per dei contrastati nella gestione del racket delle estorsioni nel quartiere di Monte Po. Per i magistrati Strano è il mandante mentre l’esecutore materiale sarebbe stato Francesco Crisafulli.

L’ultima apparizione pubblica del boss risale all‘aprile 2016. Quando i magistrati lo convocano nel carcere di Bicocca per sfilare come testimone nel processo all’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo. «È vero che lei è stato nei Cappello?», gli chiede la pm Agata Santonocito. «Io rispetto le sentenze», risponde Strano senza giri di parole. 

Dario De Luca

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