«Pioveva, la notte che hanno ammazzato Peppino». Le parole di Felicia Impastato passano attraverso la recitazione di Lucia Sardo, che danza con un enorme sacco sulle spalle, sotto il peso del dolore. Un dolore sordo come pugni sul ventre di una madre, gli stessi pugni che lattrice siciliana dà a se stessa mentre parla.
La madre dei ragazzi, breve recital presentato mercoledì 9 aprile allAuditorium del Monastero dei Benedettini è il ritorno di una sopravvissuta. «Risalita dallabisso per raccontarci comè stare lì sotto», dice la Sardo. Ma è anche la celebrazione della maternità. Alla danza si aggiungono storie che sanno di terra, favole africane e riti da sciamani. La Sardo recita: «Volevano che mi vestissi con gli abiti che mi davano, poi arrivò qualcuno con un rossetto rosso per fare un segno qui, sul seno sinistro: il segno del sangue. Ma io dissi no. E andai incontro a mio figlio».
Concluso lo spettacolo diretto da Marcello Cappelli, Lucia Sardo aggiunge: «Questo è il mio contributo come artista. Ora vorrei raccontarvi la sua storia, perché per una mattina, anche una mattina soltanto, non si dica più che Felicia era la madre di Peppino Impastato ma che Peppino era il figlio di Felicia Bartolotta».
«La forza di questa donna era la sua normalità continua la Sardo questo suo essere mamma che ci ricorda le donne anziane che abbiamo tutti in famiglia. La sua casa era piena di foto e documenti che riguardavano il figlio, cerano anche la laurea ad honorem e il tesserino di giornalista che gli sono stati rilasciati postumi. Felicia raccontava che ogni mattina si svegliava alle cinque ma si alzava alle sette. In quelle due ore si ripeteva la storia di Peppino dallinizio alla fine, per non dimenticarla mai». Lucia Sardo ha conosciuto Felicia nel 1999 per interpretarla nel film I cento passi di Marco Tullio Giordana. «Quando le chiesi cosa potessi fare per rappresentarla al meglio, quale ingrediente aggiungere al mio lavoro di attrice, lei rispose: mettici u cori. Così ho fatto. E le promisi che lavrei fatta conoscere in tutto il mondo».
Parte il filmato con unintervista a Felicia, e le sue parole si sovrappongono a quelle dellattrice. Quelle due voci, in sincrono, parlano di come quella donna, delusa dal matrimonio, avesse riversato tutte le sue speranze sui figli, studiando con loro e sostenendoli. Anche se il sostegno a Peppino è arrivato in un secondo momento. Lucia e Felicia raccontano: «Allinizio non volevo che Peppino facesse politica, soprattutto a sinistra, perché essere di sinistra era considerato una vergogna, ma ho capito che la vergogna è la mafia, non la sinistra». Poi la tragedia: «Quella mattina del 9 maggio del 78, Peppino uscì di casa bello e sano, e mi tornò in un sacchetto di plastica».
Il filmato si ferma e Lucia Sardo inizia a spiegare che da subito si è cercato di insabbiare il caso, ipotizzando il suicidio e parlando addirittura di terrorismo: si disse che Peppino era saltato in aria mentre piazzava una bomba.
Felicia, con laiuto del figlio Giovanni e degli amici di Peppino, inizia la sua lotta: ricerca prove, fa riaprire più volte il processo, si costituisce parte civile e si fa intervistare da Mario Francese, giornalista ucciso dalla mafia pochi anni dopo. Successivamente si occupano del suo caso anche i giudici Chinnici, Falcone e Borsellino, anche loro assassinati dalla mafia. «Tutti gli uomini che hanno cercato di combatterla continua la Sardo sono morti. Ma Felicia si è fatta forza del il sostegno di tutti: ogni anno, per lanniversario della morte di Peppino, giovani provenienti da tutto il mondo vanno a Cinisi a manifestare. Felicia, finché fu in vita, li ha sempre accolti. Diceva che, mentre la casa di don Tano Badalamenti era buia e chiusa, la sua era piena di gente a cui potesse raccontare la sua lotta».
Nel 2000 la Commissione parlamentare antimafia ha riconosciuto le responsabilità delle istituzioni nel depistaggio del caso Impastato e una delegazione con a capo Giuseppe Lumia è andata a Cinisi. «Felicia è stata la prima vittima di mafia a ricevere le scuse dello Stato», dice Lucia Sardo.
Nel 2002 è arrivata la condanna per il boss Badalamenti: ergastolo. Felicia ottiene giustizia ma continua a lottare, a praticare quella rivoluzione culturale necessaria per combattere la mafia. «Tenete la schiena dritta e la testa alta» diceva ai giovani. «Perché la mafia non si sconfigge con le pistole ma con la cultura».
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