«I dati ci dicono che la lista dovrebbe aver superato lo sbarramento del cinque per cento e questo significa che dopo undici anni la sinistra torna all’Ars. Ci si torna per restarci, per fare un lavoro politico d’opposizione, per proporre e fondare, a partire dalla Sicilia, una proposta politica che vuole guardare anche al resto del Paese». Sono queste le prime parole di Claudio Fava, arrivato al comitato di piazza Sturzo a Palermo nel pomeriggio e barricatosi subito, evitando commenti e considerazioni. Ha aspettato – e insieme a lui una sala sempre più gremita tra giornalisti, sostenitori e candidati di lista – che il dato fosse vicino alla certezza.
«Non è il risultato che ci saremmo aspettati, quello sulla presidenza, ma abbiamo registrato un repentino cambio di rotta una settimana fa quando la polarizzazione delle due candidature più favorite ha determinato una polarizzazione del voto. Crediamo che anche questo faccia parte di una competizione politica – continua Fava – Avremmo preferito maggiore rispetto nei confronti degli elettori, non abbiamo gradito questo modo esasperato del Pd con un solo punto: “Non votare Claudio Fava”. Credo che ci sia da fondare una qualità diversa della politica all’Ars». Qualità che, secondo lui, dovrà partire dal senso stesso dell’opposizione, che negli ultimi cinque anni ritiene non abbia assunto il ruolo che invece avrebbe dovuto. «Sarà un’opposizione che punterà a recuperare il senso e il significato di alcune battaglie che sono state espulse dal dibattito – spiega infatti – Credo che questi siano tutti motivi di legittimo orgoglio, motivi che hanno contribuito a restituire dignità a una parola e a una storia collettiva, quella della Sinistra». Qualità che fa rima con responsabilità.
Sulla campagna appena conclusa e sui suoi avversari commenta: «Non abbiamo mai detto chi non votare o chi stava sbagliando. Abbiamo chiesto un voto utile e quindi libero, chiedendo di condividere il nostro progetto – dice – Orlando ha un problema antico: non sa governare le sconfitte, dal 1994 deve sempre trovare qualcuno a cui scaricare le responsabilità. Il candidato che lui ha scelto ha preso nove punti in meno della coalizione, al suo posto qualche domanda io me la farei».
Palermo invece è la città dove lui, a dispetto della sua Catania, ha ottenuto il doppio dei voti. Un dato che lo stupisce, ma fino a un certo punto: «Mi è successo anche in passato, durante le elezioni europee. Palermo è una città che sa lavorare sul voto d’opinione – commenta a MeridioNews – Sfide alte e libere come quella che abbiamo provato a costruire noi lasciano un segno in una città che ha la sua storia, fatta di giovani che si sono sentiti sfidati in una battaglia da fare insieme. Penso che una parte del voto mi sia arrivata proprio da loro». E sul vincitore? Fava non prende direttamente l’argomento, ma gli ospiti in sala che lo hanno atteso per molte ore sono curiosi di avere un suo commento sul nuovo governatore: «Conservo lo stesso giudizio su Musumeci: una persona perbene, che non ha avuto la capacità di pretendere che il controllo delle liste dipendesse solo da lui – dice secco – Attorno a lui ho visto rianimarsi antichi appetiti, di chi pensa “tocca di nuovo a noi”. Qui bisogna stare attenti al modo in cui governi paralleli possono tornare a essere presenti nelle stanze in cui si decide il destino dei siciliani».
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