Dodici indagati, sedici parti civili e circa trentamila pagine di indagine che vanno dal 2006 al 2008. A distanza di quattro mesi dalla prima udienza preliminare, il 12 luglio scorso, il caso Farmacia è arrivato ad una svolta. Lunedì, dopo una vivace discussione delle parti in Camera di consiglio, il giudice Alessandro Ricciardolo ha disposto il rinvio a giudizio per otto indagati, quelli accusati di disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata. Tra questi, tutti dipendenti dell’Ateneo catanese, anche il preside della facoltà incriminata, Giuseppe Ronsisvalle, che resta al suo posto.
Contattato al telefono, il preside non ha nessuna voglia di rispondere alle nostre domande. Parliamo allora con il suo legale, l’avvocato Pietro Nicola Granata, che esordisce: «La perizia parla chiaro, il fatto non sussiste. Il terreno è immune da contaminazioni. Là sotto non c’è niente». E rispetto alle responsabilità del preside e degli altri due professori che difende, Giovanni Puglisi e Francesco Paolo Bonina, all’epoca dei fatti membri della commissione permanente sulla sicurezza e tutt’ora docenti di Farmacia, dice: «C’erano cattivi odori, è vero, ma sono sempre stati segnalati come di dovere. A dimostrarlo sono proprio gli accertamenti disposti negli anni che, però, non hanno mai rilevato una situazione di reale pericolo, così come hanno dimostrato i risultati dell’incidente probatorio effettuato dalla Procura».
Restano otto dipendenti rinviati a giudizio e il silenzio dell’Ateneo sulla svolta processuale. Tra gli studenti c’è chi, come i ragazzi del Movimento studentesco, ritengono che l’Università (che, lo ricordiamo, è parte offesa) non possa continuare a rimanere in silenzio su Farmacia. «Ci aspettiamo che l’Università si costituisca parte civile e che prenda seri provvedimenti verso queste persone. Non è ammissibile che professori e dipendenti universitari mantengano intatte le loro posizioni, in molti casi di rilievo, con un processo in corso», dice Matteo Iannitti. E ricorda: «Il rettore aveva promesso che, chiuse le indagini preliminari, avrebbe convocato un’assemblea per chiarire pubblicamente la posizione dell’Università e che avrebbe preso provvedimenti immediati verso i dipendenti accusati. Adesso mantenga la parola».
[Ascolta l’intervista di Radio Zammù e Step1 del 18 febbraio 2010 al rettore Antonino Recca – minuti 6:40 – 7:04]
Dall’ufficio stampa dell’Ateneo, intanto, fanno sapere che l’Università ha tempo fino al 24 gennaio, vigilia della prima udienza del processo, per valutare come comportarsi. E che la discussione verrà portata all’attenzione del prossimo Consiglio di amministrazione, in data ancora da stabilire durante il mese di dicembre. Sull’eventualità che arrivino delle dimissioni spontanee da parte del preside, invece, l’avvocato Granata risponde così: «Se verrà dimostrato che ci sono stati danni, i primi ad averli subiti, dopo trent’anni di lavoro all’Università, sono stati proprio i miei assistiti la cui posizione dovrebbe essere uguale, se non più grave, delle parti civili. Non abbiamo convinto il giudice in fase preliminare, ma lo dimostreremo a processo. Non c’è quindi alcun motivo per cui il preside debba lasciare il proprio incarico».
Tuttavia, gli echi dell’esito giudiziario si fanno sentire anche nei corridoi del dipartimento di Farmacia dove tra colleghi docenti e studenti la notizia del rinvio a giudizio è circolata velocemente, seppure senza molti commenti. «Si tratta di una situazione difficile», dice la professoressa Marcella Renis. «Come docenti di questa facoltà noi viviamo un doppio rammarico perché siamo dispiaciuti che se ne parli male. Ma esprimiamo anche solidarietà nei confronti dei colleghi sotto processo. Augurandoci che la magistratura possa fare presto il suo corso».
Tra gli studenti a parlare è invece un consigliere di facoltà, Andrea Cosentino. «Se sappiamo qualcosa su Farmacia è solo grazie ai servizi tv e ai giornali. Qui in facoltà nessuno dice nulla». Ma a lamentare la mancanza di informazione è anche la professoressa Renis che, a seguito della conferenza stampa organizzata dieci giorni fa dai ragazzi del Movimento, dice: «Per evitare chiacchiere e commenti sgradevoli che ci sono stati e che ci sono tutt’ora da parte degli studenti di questa facoltà e non solo, l’Università dovrebbe convocare un’assemblea pubblica, documenti alla mano, in modo da chiarire finalmente la questione sicurezza».
Riguardo alla posizione del preside e dei docenti attualmente imputati per disastro ambientale, Andrea però è chiaro: «Noi siamo studenti e volgiamo fare gli studenti. Lo stesso ci aspettiamo dai professori. Che anche in una situazione simile, a prescindere dalle valutazioni della magistratura, continuino a fare bene il loro lavoro».
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