Farmacia, le reazioni dopo la sentenza «Compromesso il processo per omicidio»

Da una parte il sollievo degli otto imputati, alcuni dei quali in aula. Dall’altra lo smarrimento negli occhi dei parenti delle presunte vittime. Un breve silenzio ha vibrato in aula dopo la lettura della sentenza che ha assolto gli otto imputati del processo Farmacia per la presunta gestione irregolare dei laboratori tra il 2004 e il 2009. «Speravo nella giustizia. Non so cosa dire. È ingiusta. È ingiusta», ripete con un filo di voce Maria Lopes, madre della dottoranda Agata Annino. «Sono senza parole», si limita a dire Concetta Di Stefano, moglie del dipendente Giovanni Gennaro.

Franco Vittorio, ex direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche, aveva preso posto nello stesso luogo nel quale si è seduto per tutte le udienze. Con gli occhi rossi ha respinto ogni domanda e si è allontanato dal tribunale. A parlare, solo i legali. «Il vero problema era come inquadrare fatti certi, che erano quelli di disturbi e non funzionamento secondo le regole dell’istituto, e capire in che misura questo avesse o no costituito il delitto con le dimensioni che venivano dette», afferma Guido Ziccone, difensore dell’Università nel doppio ruolo di responsabile civile e parte lesa. «Non poteva che esserci che questa soluzione in questa sentenza». E chiarisce: «Alle famiglie va la mia solidarietà. Ma ci sono cose in cui è molto difficile conciliare la giustizia con alcuni sentimenti. Se non ci sono le prove, come fa un giudice a condannare?».

«Non dobbiamo dimenticare che si trattava di un dipartimento in cui gran parte degli imputati soggiornava quotidianamente», sottolinea Enrico Trantino, legale di Fulvio La Pergola (ex responsabile del Servizio prevenzione e sicurezza). «Si è creata una suggestione di massa che probabilmente ha condizionato le convinzioni di qualcuno – afferma – La suggestione è comprensibile. Sta nel voler credere che ci fosse un qualcosa di mostruoso che invece non si poteva paventare». Il riferimento continuo va al secondo processo, quello per omicidio colposo plurimo che avrebbe dovuto accertare il nesso di casualità tra il presunto inquinamento oggi confutato e i decessi. Un procedimento adesso decisamente a rischio. «Proprio per le morti sospette c’è stata una richiesta di archiviazione da parte dello stesso pubblico ministero (Lucio Setola, nda) che aveva svolto le indagini», chiarisce Giovanni Grasso, difensore del medico del lavoro Marcello Bellia e di Franco Vittorio.

«L’altro processo è compromesso, evidentemente», sospira amareggiato Santi Terranova, legale di molte tra le parti civili. «Quel fatto, così come rappresentato nel capo d’imputazione, non sussiste – tiene a precisare – Probabilmente il capo d’imputazione si poteva fare meglio, ma questo non dipende dalle parti civili che sono state relegate al ruolo di semplici spettatori». Per decidere, sia il rappresentante dell’accusa, Giuseppe Sturiale che le parti civili, aspettano il deposito delle motivazioni. «I giudici non potranno non scrivere quale fosse e qual è stato il sistema di utilizzo di quelle sostanze chimiche all’interno dei laboratori – afferma Terranova – Non potranno nascondere che in ogni caso, in determinati periodi di tempo molto lunghi, all’interno di quel sito si studiava e si lavorava male e si rischiava di prendere malattie come quelle che hanno portato a morte questi ragazzi».

«L’università di Catania esprime il proprio sollievo per la sentenza di piena assoluzione dei docenti e dei dirigenti dell’Ateneo, che risultavano imputati nel processo relativo alle vicende dei laboratori di Farmacia – scrive in un comunicato il rettore, Giacomo Pignataro – Sentenza che riconosce che tutti i fatti addebitati, in particolar modo quelli che sostanziavano l’imputazione di disastro ambientale, non sussistono». E il magnifico, come aveva fatto nella risposta alle domande sollevate dall‘inchiesta di CTzen sul vicino dipartimento di Chimica, conferma le misure di «monitoraggio della qualità dell’aria nelle strutture più a rischio dell’Ateneo».

Carmen Valisano

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