Vapori di acetone che rendono l’aria irrespirabile. Iniziano con una nota del 19 maggio 2000 le prime lamentele ufficiali su odori sospetti, emicranie, incongruenze dentro le mura dell’edificio 2 della Cittadella. Una mattina di cinque anni fa l’ateneo di Catania e l’intera città si sono trovate a dover fronteggiare uno scandalo senza precedenti in tutta Italia: un laboratorio universitario sequestrato dall’autorità giudiziaria, studenti e docenti presi alla sprovvista e il sospetto – diventato poi certezza – che alla base di un provvedimento tanto grave potessero esserci una serie di accuse tanto valide da permettere di istruire un primo processo per reati ambientali a carico dei vertici dell’università e della facoltà.
Prima della mattina dell’8 ottobre 2008 si susseguono la creazione di una commissione di sicurezza, le sospensioni delle attività, i malesseri nella segreteria studenti, le analisi contraddittorie ma allarmanti di due aziende specializzate. E anche un memoriale, quello di Emanuele Patanè, il dottorando morto nel 2003 per un tumore ai polmoni. In quel documento il giovane stila un elenco di anomalie nella gestione dei laboratori, denuncia i vertici della facoltà ed enumera i casi di malattie simili alla sua. Sono sette le presunte vittime più note collegate a quei luoghi, alcune delle quali sono state riconosciute come parti civili nel procedimento in corso. I nomi di altre otto persone sono custoditi nel fascicolo del secondo processo, quello più atteso e impegnativo ma ancora non avviato, per omicidio colposo plurimo.
Le indagini su quelli che sono stati definiti i laboratori dei veleni partono dal 2007 grazie alla testimonianza postuma di Patanè e a un esposto anonimo. CTzen ha ricostruito la cronologia degli eventi a partire dalle prime segnalazioni fino a quando si incrociano con i primi decessi e l’inizio della vicenda giudiziaria. Una storia che vedrà il suo prossimo capitolo il 20 dicembre, con la requisitoria del nuovo pubblico ministero, Giuseppe Sturiale.
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