«Una grande sfida democratica» a 48 ore dal voto, Davide Faraone rompe il silenzio e affida a una nota sul suo blog la riflessione post voto, sottolineando come quella attraversata dal Paese e dalla Sicilia sia stata appunto una grande sfida democratica. «Ci sono sfide – aggiunge il luogotenente di Matteo Renzi in Sicilia – in cui credi, che senti di dover combattere perché sei convinto di essere dalla parte giusta anche se sai di avere tutti contro». Una sfida persa «nettamente e senza attenuanti», nella quale c’è la sua assunzione di responsabilità, «in quanto componente del governo Renzi».
Ma ecco la stilettata ai tanti franchi tiratori, a cominciare dalle parole a caldo di Crocetta, mentre lo spoglio era ancora in corso ed era chiara la vittoria dei No: «Ho rispetto – sottolinea il sottosegretario all’Istruzione – per chi manifesta un’idea anche contraria alla mia e si batte per quella idea, ma non mi piacciono i sostenitori del No del giorno dopo, quelli che hanno deciso di non giocare la partita referendaria, ergendosi a vincitori soltanto a risultato acquisito. Non mi piace chi ha detto di aver giocato la partita, salvo poi sottolineare di non essersi impegnato, in fondo, così tanto. Frasi pronunciate quando il Sì aveva già perso nettamente».
La posizione dei renziani è molto chiara, soprattutto nelle dinamiche interne al partito: noi e gli altri, chi ci ha creduto e chi si è soltanto accomodato da spettatore. La resa dei conti sembra abbastanza inevitabile. A frenarla, un Rosario Crocetta più forte di ieri, che tenta incessantemente di distanziare la sua esperienza di governo dal risultato referendario. Alle insistenti voci su un nuovo rimpasto replica che insieme ad Alessandro Baccei stanno ragionando «su una finanziaria che metta al centro la lotta contro le povertà, la difesa dei lavoratori e lo sviluppo». Secondo Crocetta, il No al referendum sarebbe stato «un grido di allarme dalle fasce più deboli della popolazione. Nonostante la ripresa del Pil e il lieve incremento dell’occupazione, paghiamo ancora il prezzo della crisi degli anni passati. Occorre intervenire rapidamente, trovo veramente irresponsabile che invece di chiedere di fare di più nell’economia e nella solidarietà, si pensi ad esasperare conflitti. Ci sono alcune questioni da affrontare immediatamente: lo sblocco dei cantieri attraverso la riforma dell’Urega che è già all’Ars; l’avvio immediato dei cantieri del Patto per la Sicilia, bandi europei e misure straordinarie di reddito di inclusione sociale, per i senza lavoro, i giovani, i disoccupati».
Ma se Crocetta prova a guardare oltre, Faraone torna invece a sottolineare il suo coinvolgimento: «Io ci sono stato in quel campo da gioco – evidenzia -, non ho evitato nessun tackle e sono uscito con la maglietta intrisa di sudore e con addosso i segni della sconfitta. Me ne assumo pienamente le responsabilità. Sono orgoglioso di aver fatto parte di un governo che non ha deciso di galleggiare, ma di affrontare e tentare di risolvere tutte le più importanti questioni, lasciate aperte in questi anni».
Insomma, Faraone traccia i contorni dell’esperienza di governo, dalla legge sul dopo di noi alla Buona scuola e sottolinea la continuità dei consensi di Renzi: «Sono stato parte di questa esperienza, con limiti ed errori ma ne vado fiero. Vado fiero del 40 per cento delle primarie del 2012, quando, anche lì contro tutti, decidemmo di sfidare Bersani. Vado fiero del 40 per cento con cui vincemmo le europee del 2014. E come ha scritto benissimo Luca Lotti, ora ripartiamo con maggiore forza da questo 40 per cento. Abbiamo perso una battaglia, ma la sfida per il cambiamento non si ferma qui. Tornare al voto al più presto, credo, sia ormai necessario». Il percorso verso le elezioni anticipate in primavera sembra sempre più tracciato.
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