Famiglia rom in via Emma, raggiunto un accordo «Ottanta potrebbero finire in altri beni confiscati»

«Un modello virtuoso e soprattutto vincente, da esportare in altri quartieri». È questo il risultato cui ha portato il lungo confronto tra i residenti di via Felice Emma e l’amministrazione comunale sull’affidamento di due villette confiscate alla mafia a una famiglia di palermitani rom, provenienti dal campo della Favorita che dovrà essere dismesso del tutto entro il 31 dicembre, termine fissato dalla magistratura. Un modello che si è concretizzato raggiungendo un accordo tra le parti, dalla gestione non sempre facile, anzi. Il percorso che ha portato a questo finale è stato spesso accidentato. Ma la base di partenza, tutto sommato, era la stessa. I residenti si sono sempre battuti, in queste settimane come negli anni passati, perché il campo rom non venisse trasferito in toto davanti alle loro abitazioni. Ma a sentire il Comune questo non è mai stato l’intento, per il quartiere Pagliarelli come per altri: «Non è che non lo vogliamo trasferire nella vostra via, non vogliamo proprio che esista mai più un campo rom a Palermo, questo è il punto», sottolinea il sindaco Orlando. Tra i residenti qualcuno storce il naso e non nasconde un po’ di scetticismo.

Intanto l’accordo è stato finalmente raggiunto e prevede il trasferimento nelle due villette confiscate rispettivamente di una famiglia di palermitani in una e di una famiglia di palermitani rom composta da quattro persone in un’altra. Ma prevede anche la riqualificazione della zona, con interventi mirati per sistemare l’illuminazione stradale, altri punteranno sulla sistemazione delle fognature, e poi saranno anche installate alcune videocamere di sorveglianza. Per non parlare della nascita di un’area destinata ai residenti della zona, con un ampio giardino urbano, giochi per i più piccoli, zone aggregative per i giovani e altre per gli anziani. Tutte richieste avanzate dai residenti, dopo un confronto serrato e spesso dai toni aspri intrattenuto in questi giorni soprattutto con l’assessore alla Cittadinanza solidale Giuseppe Mattina. E saranno i cittadini stessi che gestiranno il giardino urbano e le sue zone: non un ente o un’associazione, dunque,ma loro in prima persona. Intanto, nel campo della Favorita sono state già buttate giù 14 baracche inutilizzate e che non avrebbero dovuto neppure esserci. E restano, per il momento, 113 persone rom. Di queste, quattro rappresentano la famiglia che si stabilirà in via Emma. Ma che ne sarà dei restanti 109? «Tra queste circa 80 sono nella lista dell’emergenza abitativa – spiega Mattina -, quindi potranno finire in altri beni confiscati. Altri ancora invece hanno fatto richiesta esplicita per essere aiutati ad andare via da Palermo verso altre città europee».

«Meglio!», commenta ridacchiando qualche residente di via Emma alle parole dell’assessore. Mentre qualcun altro, almeno pubblicamente, sembra esternare idee e atteggiamenti ben diversi: «A noi non interessa il colore della pelle, ma solo il numero». Lo ribadisce più volte Giovanna Di Franco, anche lei abitante della via dei Pagliarelli diventata quasi celebre in questi giorni, scelta come portavoce dei residenti. «Siamo contenti si sia arrivati a una soluzione condivisa che mette insieme le diverse istanze della città, anche nel rispetto di noi residenti», spiega la donna, intenzionata insieme agli altri residenti a vigilare sui tempi di realizzazione degli interventi promessi. Con la speranza, a riqualificazione avvenuta, che la zona non resti periferica solo perché lontana dal centro della città. Intanto, dei rom presenti al momento al campo, molti hanno la cittadinanza italiana e qualcuno ha anche avviato già le richieste necessarie per ottenere degli aiuti. 

«Il modello che stiamo seguendo per tutte le famiglie in emergenza abitativa è quello dei modelli personalizzati per tutti, non esiste differenza rispetto alla presa in carico – torna a dire Mattina -. Non abbiamo alternative, le famiglie del campo rom avranno ciascuna un progetto personalizzato, così come quelle palermitane in emergenza abitativa». Il percorso intrapreso è quindi un percorso di mediazione sociale. «Si parte forse da punti lontani, è un confronto in cui ci sono punti imprescindibili e altri su cui si può discutere, come è stato nel caso di via Emma. Non un impegno fatto così, ci sarà un atto di indirizzo della Giunta».

«Siamo partiti da uno scontro negativo che ha portato però a costruire qualcosa di importante per la città intera – continua l’assessore -, e da esportare. Per gli altri cittadini rom vogliamo attivare percorsi di coinvolgimento in tutti i luoghi, quindi tirando in ballo anche tutti gli altri quartieri palermitani. Per me è impensabile che una città di seicentomila abitanti non riesca a integrare un gruppo di 80 persone. Il vivere insieme non è semplice, a volte anche tra persone della stessa famiglia, ma il percorso qui è sempre stato inclusivo». Tra i residenti di via Emma qualcuno felice dell’accordo raggiunto sembra esserci: «Questi cittadini rom non potevano trovare soluzione migliore, il nostro quartiere è fatto di solidarietà e rispetto reciproco, staranno bene», commenta un anziano. E poi l’appello di Orlando: «Non sfregiamo l’immagine di questa città: Palermo è una città accogliente, non cambiamo questa immagine – dice -. L’accoglienza non è monopolio di una città, di un palermitano e basta, ma è cultura. Nessuno può pensare che noi eliminiamo un campo rom e lo spostiamo da un’altra parte. E non c’è un modello che vale per tutti, ogni famiglia ha i suoi bisogni».

E a chi nei giorni scorsi ha parlato di razzismo, puntando il dito contro la reazione dei residenti di via Emma, risponde il consigliere comunale della Lega Igor Gelarda, che piuttosto che xenofobi definisce questi cittadini «tenaci, perché hanno difeso il loro territorio, senza cedere il passo a un modello che non era stato condiviso con loro ma imposto dall’alto». Una ribellione, la loro, «colta ed educata». Anche se alcuni commenti bisbigliati sottovoce, le risatine, lo scetticismo, e gli slogan a suon di «buffoni» indirizzati agli amministratori comunali in questi giorni di civile hanno ben poco. «Quando nel 2010 c’erano circa 420 rom al campo nessuno si sognava di parlare di invasione. Né negli anni successivi, che i numeri sono andati diminuire. Cosa è successo da allora? – si domanda anche Giusto Catania, capogruppo di Sinistra Comune -. Il campo si è andato svuotando e alcune baracche sono state abbattute. E ci sono molti rom che da allora vivono ancora a Palermo, in condomini di via San Lorenzo, viale del Fante, via Libertà o via Maqueda, senza che i residenti autoctoni in alcuni casi se ne siano neppure accorti, qualcosa vorrà dire».

Silvia Buffa

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