Chiusa l’indagine sui falsi dati Covid alla Regione Siciliana. La procura di Palermo, che ha preso in mano il fascicolo dopo che in prima battuta le misure cautelari erano state prese dal tribunale di Trapani, ha notificato l’avviso all’assessore regionale Ruggero Razza e all’ex dirigente generale del Dasoe Maria Letizia Di Liberti. Il provvedimento riguarda anche Salvatore Cusimano, Mario Palermo, Roberto Gambino ed Emilio Madonia. I primi due lavorano in Regione, il terzo presso l’Asp di Palermo, mentre Madonia è dipendente della società che gestiva il flusso di dati legati ai contagi.
L’indagine aveva portato in prima battuta alle dimissioni di Razza, accusato di avere avuto un ruolo nella gestione dei dati suggerendo di «spalmare i morti» su più giorni. Una richiesta che, secondo la procura, l’assessore avrebbe fatto anche per evitare che i parametri valutati dal ministero potessero portare a restrizioni aggiuntive per la Sicilia. Razza, tuttavia, pochi mesi dopo è tornato nella squadra di governo di Nello Musumeci, con il presidente che pubblicamente ha dichiarato di avere chiarito la vicenda con il proprio braccio destro.
«L’avviso di conclusione delle indagini è un atto a garanzia della difesa – commenta Razza -. Da una prima lettura delle contestazioni sembrerebbe che le indagini abbiano consentito di accertare che non c’è mai stata una valutazione erronea sulla fascia di collocazione della nostra Regione da parte del ministero, come originariamente ipotizzato, che nessuna zona rossa è stata rinviata e occultata. Oggi – aggiunge l’assessore – vengono in evidenza alcune discrasie sul form giornaliero che, come mi è sempre stato spiegato, venivano recuperate settimanalmente e che, pertanto, non hanno determinato alcuna incidenza sul quadro epidemiologico. Su queste – va avanti – lavoreremo con i consulenti tecnici anche perché permane una divergente valutazione con l’ufficio del pubblico ministero sul computo dei dati, che non potevano a nostro avviso essere considerati a cadenza giornaliera, come previsto e come nei fatti operato da tutte le altre Regioni».
«Al di là del rilievo penale, sul quale altri giudici dovranno pronunciarsi – dichiara il presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava – le accuse della Procura nei confronti dell’assessore Razza e dei suoi più stretti collaboratori confermano un fatto, in sé moralmente più grave dell’ipotesi di reato. Quello cioè che sulle piattaforme informatiche del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità furono caricati dati falsi sul Covid. Di fronte a questa certezza – continua Fava – non può che indignare il tradimento del patto di lealtà con i siciliani rispetto alla tutela della loro salute. Indignazione che va ben oltre il disegno criminoso di cui parla la Procura. Qualunque cosa decida di fare Razza, da oggi moralmente non è più l’assessore alla salute di alcuno».
«Le indagini dconfermano l’esistenza di un disegno criminoso dei responsabili della sanità in Sicilia dietro il caricamento dei dati nelle piattaforme informatiche del ministero della Salute – si legge in una nota del capogruppo del Movimento 5 stelle all’Ars Nuccio Di Paola – Cosa di cui noi abbiamo sempre avuto il forte sospetto e che abbiamo a più riprese evidenziato anche prima dell’apertura delle indagini. Non a caso avevamo chiesto di audire il comitato tecnico scientifico in commissione Salute, proprio per farci spiegare come fosse stato possibile il miracoloso aumento del 50 per cento di analisi di tamponi molecolari, schizzati da 5mila al giorno a 7500, senza che fossero stati potenziati i servizi di analisi siciliani, in quel periodo in grosse difficoltà. Ora, al di là del fatto se si andrà a processo o meno, le risultanze delle indagini attestano – conclude Di Paola – una condotta moralmente inaccettabile. Musumeci e i siciliani ne prendano atto».
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