Fallimento Palermo calcio, si indaga su sentenza pilotata Coinvolti anche un giudice e un ex dirigente della squadra

Non si conoscono ancora i dettagli del presunto nuovo acquirente del Palermo calcio, ma la squadra rosanero continua a trovarsi nell’occhio del ciclone. La vicenda riguarda l’indagine partita dalla Procura palermitana sul possibile fallimento, che si era poi conclusa con il respingimento dell’istanza. Dopo il sequestro da un milione di euro all’ex patron Maurizio Zamparini, la guardia di finanza sta eseguendo una serie di perquisizioni nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta su presunte fughe di notizie e ipotesi di corruzione che vedrebbero coinvolti un giudice palermitano, un legale e un ex dirigente del Palermo calcio.  

Le fiamme gialle – nello specifico il nucleo palermitano di polizia economico finanziaria – stanno eseguendo un’ordinanza del gip con cui è stata disposta l’applicazione di due misure interdittive della sospensione per un anno per il magistrato Giuseppe Sidoti, giudice della sezione fallimentare del tribunale di Palermo, e per l’ex presidente del Palermo calcio Giovanni Giammarva.  Nello specifico Sidoti è accusato di abuso d’ufficio, concorso in corruzione e rivelazione di notizie riservate: in sostanza era uno dei magistrati del collegio che disse no al crac del club. Giammarva invece, che è anche un commercialista, è stato sospeso anche dall’albo dei curatori fallimentari ed è accusato di concorso in corruzione.

Le indagini sono partite da un’intercettazione telefonica che vede protagonisti da una parte il legale della squadra rosanero, l’avvocato Francesco Paolo Di Trapani, e dall’altra l’ex patron della società calcistica Maurizio Zamparini. Nel colloquio l’avvocato Di Trapani raccontava di aver avuto una conversazione con Sidoti, che era proprio uno dei giudici delegato a pronunciarsi sull’istanza di fallimento presentata nei mesi scorsi dalla Procura di Palermo. In tale occasione il magistrato, secondo il racconto del legale, gli avrebbe anticipato che verosimilmente il procedimento si sarebbe concluso con un esito favorevole alla società calcistica.

Da quello spunto le indagini, avviate lo scorso dicembre dopo la trasmissione dell’intercettazione telefonica ai sensi dell’art.11 del codice di procedura penale, hanno consentito di appurare che tra il giudicante Sidoti e il giudicato Giammarva c’era da tempo, come riferiscono i finanzieri, «un rapporto di conoscenza e di estrema confidenza». Tanto che Sidoti avrebbe dovuto «astenersi dall’incarico di giudice relatore nell’ambito della procedura prefallimentare». Inoltre il collegio del tribunale aveva nominato tra i propri consulenti anche Daniele Santoro, che risultava a sua vola legato da rapporti professionali pluriennali proprio col presidente del Palermo calcio.

«Nel corso delle interlocuzioni fra Sidoti e Santoro – riferiscono ancora le fiamme gialle –  è apparsa la volontà del giudice di orientare l’esito del procedimento in senso favorevole alla società. In particolare Sidoti ha impartito al consulente una serie di direttive finalizzate a non far emergere nell’elaborato peritale criticità delle quali entrambi erano a conoscenza, con riguardo in particolare alla fittizietà dell’operazione di cessione da parte della U.S. Città di Palermo S.p.A. ad Alyssa s.a. (società di diritto lussemburghese riconducibile sempre a Zamparini) delle quote di Mepal spa (società detentrice del marchio della U.S. Città di Palermo spa.) per 40 milioni di euro e alla solvibilità della stessa Alyssa sa e di Gasda (holding del gruppo Zamparini, fideiussore del credito di  Alyssa sa)». Una vicenda per la quale già in estate era intervenuta la procura di Palermo, con il sequestro di un milione di euro alla società rosanero e la confisca personale di 100mila euro per Zamparini.

In quel caso Zamparini avrebbe sempre trasferito i soldi del Palermo calcio alla Mepal, per via delle sue pendenze debitorie con il fisco. Ciò veniva attuato, sempre secondo l’accusa, perché l’ex presidente rosanero temeva atti di pignoramento alle casse della società, visto che ci sono stati periodi in cui il debito di imposta con l’erario arrivava a dieci milioni di euro. In questo modo, sostengono i finanzieri, svuotando le casse Zamparini non ha consentito all’erario di riprendere quanto dovuto. Quando però il Palermo doveva pagare gli stipendi o fare acquisti Zamparini faceva ritornare i soldi dalla Mepal, ma giusto per quei due tre giorni necessari alle operazioni. Poi le casse del Palermo tornavano vuote. A volte, addirittura, questa operazione di rientro era fulminea e durava un solo giorno.

Inoltre era sempre Sidoti a suggerire a Santoro dei trucchi contabili, ad esempio sulla svalutazione del credito di 40 milioni vantato dalla società rosanero «ma solo bilanciando l’eventualità con quella della ipotetica promozione in serie A (peraltro non realizzatasi)». Il magistrato avrebbe poi puntualmente riferito le criticità riscontrate dai consulenti tecnici a Di Trapani «al fine di consentire alla società calcistica di porre in essere accorgimenti strumentali a scongiurare la dichiarazione di fallimento». L’attivismo di Sidoti, secondo l’accusa, sarebbe poi stato remunerato dal presidente Giammarva con una serie di favori, come il conferimento di un incarico nell’organismo di vigilanza della squadra rosanero all’avvocatessa Vincenza Palazzolo, moglie del magistrato della sezione fallimentare. 

Infine Sidoti risulta indagato anche per abuso d’ufficio: nel corso di quest’anno avrebbe conferito un incarico di curatore fallimentare alla moglie, omettendo di astenersi per gravi ragioni di convenienza, così come prevede la legge. Insieme alla notifica dell’ordinanza i finanzieri stanno eseguendo una serie di perquisizioni al tribunale di Palermo e presso due studi legali, ovvero nei confronti degli indagati e delle altre persone coinvolte. Da poco più di un’ora i finanzieri sono all’interno della sezione fallimentare, diretta dal presidente Giovanni D’Antoni, che è completamente barricata.

Andrea Turco

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