Intanto la richiesta di cinque ergastoli. Poi un altro processo. Si avvia alla conclusione il processo bis per la strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Oggi nella requisitoria, la procuratrice aggiunta di Caltanissetta Lia Sava ha chiesto la massima pena per gli imputati Salvatore Salvino Madonia, Vittorio Tutino, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello, accusati avere avuto una parte fondamentale sia nella fase organizzativa dell’attentato sia nel reperimento dell’esplosivo piazzato sull’autostrada.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura, Lo Nigro ha procurato il tritolo attraverso contatti coi pescatori di Porticello che avevano recuperato l’esplosivo in mare, da alcuni ordigni inesplosi della seconda guerra mondiale. Il processo bis vede imputati membri della cosca del mandamento di Brancaccio – guidata dal boss Giuseppe Graviano – che, ha sottolineato Lia Sava, «si è incardinato nel disegno stragista di Cosa nostra, un progetto unitario che tra il 1992 e il 1993 diede forza all’offensiva frontale nei confronti dello Stato».
Il primo processo sulla strage di Capaci, concluso il 26 settembre del 1997, si era concluso con 24 ergastoli a carico dei componenti della cupola di Cosa Nostra, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano, Francesco e Giuseppe Madonia, Pippo Calò e Pietro Aglieri. Pene inferiori erano state decise per i collaboratori Salvatore Cancemi, Giovan Battista Ferrante, Gioacchino La Barbera, Calogero Ganci e Mario Santo Di Matteo. In appello si aggiunsero altri cinque ergastoli. Il 16 settembre 2008 la Cassazione aveva confermato le condanne e chiuso il primo filone processuale per la strage di Capaci.
Sono state le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza – che hanno permesso di riscrivere anche le responsabilità per la morte di Paolo Borsellino – sul piano operativo seguito per mettere in atto la strage, ad arricchire il quadro degli inquirenti e a dare avvio al Capaci bis. Insieme a Spatuzza a parlare della morte di Falcone sono stati i collaboratori Fabio Tranchina e Cosimo D’Amato. Le loro rivelazioni si sono saldate con quelle fatte in precedenza da tanti altri collaboratori.
Ma la strada per ricostruire interamente la verità sul 23 maggio del 1992 non si ferma. La procuratrice Sava ha annunciato, nelle conclusione della requisitoria, che ci sarà un nuovo processo. «Continueremo le indagini – ha detto – per cercare la verità sulle stragi. Ne abbiamo un obbligo giuridico e morale perché siamo consapevoli che nel procedimento concluso e in quello ancora aperto non può esserci tutto». Sava ha indicato i temi da approfondire nel terzo processo da istruire: i mandanti esterni a Cosa nostra, i moventi plurimi delle stragi del 1992-93, le cointeressenze. Nel nuovo procedimento confluiranno le posizioni del superlatitante Matteo Messina Denaro e di altri tre indagati chiamati in causa dal nuovo collaboratore Cosimo D’Amato, il pescatore di Porticello che ha rivelato come l’esplosivo estratto dalle bombe ripescate in mare sia finito alla cosca di Brancaccio per essere utilizzato nella strage di Capaci.
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