Era stato uno dei suoi cavalli di battaglia già in campagna elettorale: riportare le ex Province al vecchio splendore, ridare nuova linfa, restituire i poteri via via ridimensionati e assegnarne di nuovi. È uno degli obiettivi di Nello Musumeci nell’arco del suo mandato: restituire ai siciliani degli enti di area vasta rigenerati. Così, ecco la riforma dei rifiuti strutturata attorno alle ex Province, i progetti sulla viabilità provinciale, il ritorno alle urne per coinvolgere i cittadini, responsabilizzare la politica e, magari, accontentare anche chi è rimasto fuori alle precedenti tornate elettorali. Ma tra Musumeci e il suo disegno sulle ex Province, ecco la scure della Corte Costituzionale, che rimanda al mittente la proposta del ritorno alle elezioni dirette.
Il governatore si era detto contrariato già questo pomeriggio, ma è in serata che arriva la stilettata: «La sentenza della Corte costituzionale, al di là del marginale aspetto delle Province, suona ad offesa della dignità del popolo siciliano e della sua plurisecolare vocazione autonomistica. L’avere di fatto cancellato, con un colpo di spugna, l’articolo 15 del nostro Statuto che riserva alla “legislazione esclusiva della Regione la materia di organizzazione e controllo degli enti locali” denuncia il malcelato e progressivo tentativo romano di smantellare l’Istituto autonomistico».
Intanto sarà necessaria una nuova legge regionale per le elezioni di secondo livello dei presidenti dei liberi Consorzi comunali e del consiglio provinciale. L’Assemblea Regionale Siciliana sarà adesso chiamata a legiferare di nuovo per adeguare l’ordinamento dei liberi Consorzi alla legge statale Delrio e potrebbe prevede una nuova finestra elettorale. Finora quella prevista era tra il 15 ottobre e il 15 dicembre.
Ma il primo inquilino di palazzo d’Orleans al momento non sembra avere come obiettivo l’esame di un nuovo disegno di legge. Al contrario sembra puntare dritto al ricorso a livello europeo. «Con questa sentenza assai discutibile – dice – si espropria ai cittadini elettori il diritto sacrosanto di scegliere chi dovrà governare le ex Province, peraltro già da cinque anni condannate alla paralisi, con l’evidente stato di abbandono della viabilità, dell’edilizia scolastica e dei servizi essenziali. A questo punto noi siciliani siamo chiamati a prendere una decisione non più rinviabile: o rinunciamo definitivamente alla nostra Autonomia, accettando il cinismo dello Stato accentratore, o ricorriamo alla magistratura sovranazionale nell’ultimo tentativo di difendere la nostra stessa identità».
Una decisione che comunque Musumeci non conta di prendere da solo, annunciando di aver concordato col presidente del Parlamento siciliano la convocazione di un’apposita seduta d’Aula per raccogliere la condivisione di tutti i deputati. E il primo inquilino di Sala d’Ercole, Gianfranco Micciché, dal canto suo ammette che «la convocazione di una seduta d’Aula è un atto dovuto. Io non ho ancora avuto modo di leggere la sentenza, ma sono in molti a lamentare che leda la nostra autonomia. Senz’altro è opportuno un confronto in Aula. Sarà poi l’Assemblea a decidere in che modo procedere».
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