Ex Province, la marcia dei sindaci sbarca a Palermo Amministratori protestano, ma l’Anci Sicilia non c’è

Voleva essere la marcia dei sindaci siciliani su Palermo, per chiedere maggiori risorse per le ex Province ormai al collasso. Ma a Piazza Indipendenza questa mattina erano presenti un centinaio tra primi cittadini e amministratori locali, la maggioranza dei quali provenienti dalla Provincia di Messina. A capitanare la piccola folla, il sindaco di Messina, Cateno De Luca, il deputato regionale e sindaco di Santa Teresa di Riva, Danilo Lo Giudice, e il deputato Vincenzo Figuccia

Il grande assente è Leoluca Orlando, presidente dell’Anci Sicilia, segno della profonda frattura tra il movimento di amministratori locali guidato da De Luca e l’associazione dei sindaci siciliani. «Noi puntiamo all’unità – ammette De Luca – abbiamo invitato tutti e ovviamente ci auguravamo che l’Anci non continuasse in modo tiepido in questa situazione. Ovvio che il territorio non può accettare il balletto e i riti di una politica insipida che poi non risolve i problemi. Noi non siamo contro nessuno, siamo per dire che si deve partire dalle esigenze concrete dei territori e non da prese di posizione di principio politico che non risolvono i problemi».  

Secondo Figuccia, quello siglato tra il governo regionale e Roma sarebbe «un accordo al ribasso che non può stare bene ai siciliani». Nei fatti il documento prevede che alle ex province siciliane siano destinati 100 milioni di euro, ma si tratta di risorse che provengono dai fondi europei, in particolare dal Fondo di Sviluppo e coesione 2014/2020, che quindi vengono tolti agli investimenti per coprire invece la spesa corrente, al fine di evitare il dissesto. In totale il governo nazionale «si impegna ad adottare uno specifico intervento legislativo» per garantire alla Regione di disporre in totale di 140 milioni di euro dal Fsc, di cui appunto cento milioni verranno destinati agli enti intermedi. Il presidente Nello Musumeci si è affrettato a precisare che Roma si è impegnata a «rifinanziare» questi 140 milioni «nell’ambito della futura programmazione 2021-2027». Un impegno politico di cui però non c’è traccia nelle tre pagine di accordo.

Figuccia adesso parla di «una prima boccata d’ossigeno, che però da sola è insufficiente a risolvere i problemi. Le altre province italiane hanno ricevuto tutte le risorse necessarie, ovvero 350 milioni di euro, è chiaro che noi chiediamo che per i siciliani ci sia lo stesso trattamento. La verità è che i cittadini in questo momento non possono più uscire dalle loro case, ci sono cittadini imbottigliati all’interno dei loro Comuni perché le strade di collegamento ormai sono praticamente inagibili. La verità è che servizi essenziali come quelli delle scuole, destinati ai nostri figli, sono relegati in una sorta di limbo».

Nel corso della giornata una delegazione di sindaci incontrerà prima il presidente dell’Assemblea Regionale, Gianfranco Micciché, e poi il governatore, Nello Musumeci. «Abbiamo presentato un ordine del giorno – dice ancora Figuccia – in modo tale da misurarci in Aula e capire chi è davvero dalla parte dei territori e chi, invece, non lo è».

È una situazione drammatica, quella descritta dagli amministratori locali, sia sul fronte della viabilità secondaria, che sull’edilizia scolastica. Il «caso Messina», poi, fa storia a sé: «Da noi – spiega Lo Giudice il problema della chiusura dei bilanci blocca quasi 500 milioni di investimenti. Fondi che già ci sono e che sono stati pianificati nel patto per il Sud, ma che in assenza del bilancio non possono essere investiti. Nella provincia di Messina non c’è pressoché Comune che non sia interessato da quella pianificazione».

Alla manifestazione hanno partecipato anche gli indipendentisti di Antudo. «Le condizioni di dissesto – dichiara Luigi Sturniolo di Antudo – in cui versano molti enti locali sono il risultato di decenni di riduzione dei trasferimenti dallo stato centrale alle comunità locali e di un’aggressione sistematica da parte dello stato italiano ai bilanci degli enti locali. Hanno deciso di cancellare le province che insieme ai comuni rappresentano importanti erogatori di servizi ai cittadini. Da questo punto di vista sarebbe molto più logico che vengano abolite le prefetture».

Miriam Di Peri

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