Non un comunicato, non una parola ufficiale. Il Partito democratico all’Assemblea regionale, riunito in conclave col segretario siciliano Fausto Raciti ieri in serata, ha deciso di aspettare l’esame degli emendamenti, previsti per questa mattina alle 12 in commissione Affari istituzionali. Il pasticciaccio delle ex Province mette in difficoltà, e non poco, i dem siciliani, che si trovano sostanzialmente tra due fuochi. Da una parte la maggioranza che sostiene il governo Crocetta che vuole un ritorno al voto diretto negli enti di area vasta, dall’altra la volontà di non stravolgere ancora una volta la più travagliata delle riforme del governo Crocetta.
«Un ripristino della democrazia», dicono a gran voce i sostenitori dell’apertura della urne; «un rispetto del risultato referendario», si sono affannati a sottolineare i deputati a sala d’Ercole. Ma c’è già chi sussurra che invece si tratti più di un calcolo delle candidature, visto che nella prossima legislatura gli scranni a palazzo dei Normanni saranno 70 e non più 90 e che i consigli comunali sono stati ridotti in maniera considerevole.
Il Partito democratico intanto non può fare altro che aspettare la discussione in Commissione, prevista a mezzogiorno, perché avallare apertamente il voto diretto significherebbe attestare il fallimento della riforma più emblematica dell’esperienza di governo di Crocetta, reduce dalla mazzata del crollo dei consensi. E poi c’è Roma. Perché qualcuno dovrà volare fino alla capitale e spiegare al premier Gentiloni (e al ministro Delrio) come sia potuto accadere che alla fine la Sicilia abbia scelto ancora una volta di cambiare tutto perché tutto rimanesse com’era. Sperando anche che questa decisione non metta in discussione l’accordo Stato-Regioni siglato tra Crocetta e Renzi.
Il governo regionale fino a ieri era stato chiaro e la sua posizione, come confermato dall’assessora Lantieri mentre il vertice Pd era ancora in corso, restava quella delle elezioni di secondo livello a fine febbraio in otto enti di area vasta e il rinvio soltanto per la città metropolitana di Palermo, il cui capoluogo andrà al voto la prossima primavera. Ma oggi i deputati potrebbero scegliere un’altra strada e intanto votare il rinvio delle elezioni di secondo livello in tutte le ex Province. E lasciare a Crocetta il problema di volare a Roma a spiegarne i motivi.
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