Ex palazzo di cemento, degrado e abbandono dopo i lavori Fava: «Chiameremo in causa la procura. È stata una truffa»

L’overdose di buone intenzioni dell’11 gennaio 2021 sembra ormai un ricordo sbiadito. Torre Leone basta guardarla dall’esterno per capire quanto sia concreto il rischio che possa tornare a essere il palazzo di cemento. Ex simbolo di degrado, abbandono e malaffare racchiusi in un immobile alto 52 metri che per decenni è stato avamposto criminale della famiglia mafiosa degli Arena. Messi in archivio sgomberi, progetti di riqualificazione e ritardi nel completamento dei lavori, per 96 famiglie sembrava essere arrivata la tranquillità con la consegna dei tanto desiderati alloggi popolari. Già tre mesi dopo, quando riflettori e passerelle erano terminate, MeridioNews era entrata negli appartamenti del palazzo denunciando diverse criticità. Quattordici piani in cui vivono quasi 400 persone tra stanze minuscole e bambini che sognano di avere una camera da letto tutta per loro. Allora i residenti parlarono senza giri di parole di episodi di occupazioni abusive e della presenza di un tariffario per cambiare appartamento quando si era in troppi. Negli spazi destinati a botteghe e associazioni ci si imbatte in perdite di acqua, scarichi fognari a cielo aperto e buchi ricavati nei muri per le fughe dei pusher della piazza di spaccio che c’è nel palazzo c’è di fronte a torre Leone. 

Trascorsi quasi tredici mesi da quelle denunce, la situazione è ulteriormente peggiorata e i riflettori si sono riaccesi con la visita del presidente della commissione Antimafia all’Ars Claudio Fava, accompagnato dalla deputata M5s Gianina Ciancio e dal consigliere comunale Graziano Bonaccorsi. Con loro anche esponenti delle associazioni e del sindacato Sunia e Cgil. «C’è stata una truffa – spiega Fava dopo il sopralluogo – Hanno spacciato per tentativo una mano di belletto per cercare di risolvere i problemi più gravi, quelli che non potevano essere nascosti in altro modo. Noi pensiamo che questo palazzo e il modo improprio con cui si è pensato di rimetterlo in sesto siano il racconto di come la città e l’amministrazione comunale abbiano lasciato Librino al suo destino». Tra le tante incompiute, proprio alle spalle di torre Leone nei pressi del parcheggio condominiale, c’è il teatro Moncada. Struttura mai entrata in funzione ma inaugurata diverse volte. Tra le passerelle istituzionali più importanti quella del 2005, quando a Librino atterrò l’allora ministro della Cultura Rocco Buttiglione. Era il governo di Silvio Berlusconi e Catania era amministrata dal suo medico personale, Umberto Scapagnini.

Sul palco del teatro Moncada non è mai andato in scena nulla, anche perché all’interno hanno portato via tutto. Resta uno scheletro annerito di macerie, senza illuminazione e con gli immancabili buchi nei muri. Le trombe delle scale sono trasformate in discariche abusive. «Demolirlo come un atto simbolico necessario di onestà morale e politica credo che sia l’unica strada – spiega Fava -. Una risposta potrà arrivare solo quando avremo lasciato alle spalle non solo questa amministrazione ma una lunga sub-cultura amministrativa che ha accompagnato Catania per vent’anni e oggi ci porta a fare i conti con questi risultati». 

L’immobile, di proprietà del Comune, attende interventi anche dall’Azienda sanitaria provinciale per la questione delle fogne. «Io sono stanco e deluso da una condizione di disinteresse da parte della giunta. Ci sono situazioni di pericolo che devono essere risolte. L’amministrazione conosce la situazione e a questo punto l’unica arma che ci rimane è fare delle denunce formali», spiega Bonaccorsi al termine del sopralluogo. Sotto la lente d’ingrandimento della procura, come sottolineato dallo stesso Fava, potrebbe finire pure l’impresa che si è occupata del cantiere «e ha consegnato dei lavori ignobili. Se fosse stato fatto in piazza Verga o lungo corso Sicilia che cosa sarebbe accaduto? Siccome accade a Librino – conclude – facciamo finta di nulla». 

Dario De Luca

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