Euro sì, euro no/Sud sì, Sud no

Caro Giulio, l’articolo che hai scritto due giorni è condivisibile in moltissime delle sue parti. Dal Presidente della Repubblica, però, non possiamo aspettarci che con il discorso di fine anno, in un momento di gravissima crisi come questo, si affronti in pochi minuti il tema di quello che, secondo me, va considerato come un “dualismo geopolitico” che ha contrassegnato la storia unitaria del nostro Paese, ossia le politiche che, come scrivevano Romeo e Gramsci, seppur con valutazioni differenti, hanno condotto allo sviluppo del Nord a scapito del SUD (che avvennero soprattutto nel periodo della destra storica e poi di Giolitti).
Io farei poi molta attenzione adesso a parlare ORA di uscita dall’eurozona del nostro Paese. Che vi sia un problema molto importante e difficile da risolvere è assolutamente vero, e questo problema consiste nel fatto che non vi è alcuna chiarezza su CHI eserciti di fatto la sovranità sulla moneta, ma non sono del tutto d’accordo però sul fatto che l’euro abbia creato più problemi di quanti non ne abbia risolto. Ti ricordo che nel periodo che va dal 1989 al 1993 quando eravamo fuori dall’euro la crisi sugli interessi del nostro debito è stata molto più grave di quella degli ultimi mesi che non dipende, come ha detto ieri Berlusconi, dalla moneta unica, ma dalla sbagliata politica (hai perfettamente ragione, di chiaro stampo monetarista) con cui il sistema bancario Europeo ha affrontato il problema della bolla edilizia ispirato da una classe dirigente follemente ancorata ai valori del liberismo solo ed esclusivamente per inaccettabili ed irresponsabili motivi ideologici. Bolla edilizia che invece è stata brillantemente affrontata e risolta con una politica NON monetarista e di segno opposto da Obama negli Usa.
A questo si è sommata l’incapacità dei Governi di “ultradestra” che in Italia, al contrario di quello che invece ha fatto il Centrosinistra (e segnatamente, piacerà o meno, il governo D’Alema, che è stato il migliore Governo in assoluto), per contenere l’incremento del debito, in questi anni non hanno fatto nulla né per contenere il deficit, né per alimentare la crescita (e non sono io a dirlo ma i numeri).
Anch’io penso che l’idea di uscire dall’euro sia da prendere in seria considerazione, purtroppo. Ma il problema non è se siamo noi a dover cedere sovranità riguardo alla politica monetaria, ma quanto siano disposti a cederla i tedeschi che la hanno esercitata, di fatto, fino ad ora con la lungimiranza che possiamo immaginare e i cui risultati sono davanti agli occhi di tutti. E’ un problema Geopolitico di vasta portata che si intreccia con la nostra questione meridionale.
Ricordiamoci che l’Italia con la moneta sovrana è cresciuta indubbiamente, ma ha alimentato anche il divario Nord-Sud del Paese in cui l’economia si è basata o sulle cattedrali nel deserto o sull’edilizia con il consumo di suolo e di ambiente creando (come è successo in Spagna) uno sviluppo che alla fine si è rivelato fittizio. Per questo motivo penso che il vero obbiettivo che deve essere perseguito sia l’efficace democratizzazione delle istituzioni europee che, come giustamente evidenzi, si stanno rivelando inette, corrotte ed incapaci e che sia una sfida importante da vincere, mentre dovremo invece considerarci sconfitti nel caso in cui ciò dovesse fallire, costringendoci ad abbandonare il progetto appena avviato della moneta unica.
Il mio è ovviamente solo un invito a riflettere. Non ho neanche io la presunzione di avere la verità in tasca, con rinnovata stima.
Raffaele Bonafede

 

Caro Raffaele,
come abbiamo scritto qualche giorno fa, in democrazia è giusto che persone che la pensano diversamente discutano. Leggendo la tua precisazione, a dir la verità, mi sembra che, questa volta, ci sono anche alcuni punti in comuneCominciamo dai punti discordanti. Ricordo perfettamente la crisi finanziaria che colpì l’Italia tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90 (più nei primi anni ‘90, a dir la verità, che alla fine degli anni ‘80). Con tutto il rispetto per la tua tesi, non mi sembra che la situazione sia la stessa. Allora la crisi era grave: ma non grave come quella attuale. Per un motivo semplice: perché non c’era l’euro e, soprattutto, non si era consumata la follia – perché di una follia si è trattato – dell’allargamento dell’Unione Europea a 27 Paesi e non c’era il carattere speculativo che oggi presenta la crisi attuale.
Non sono io a dire che l’euro sta finendo: lo ha scritto, qualche giorno fa, il Wall Stret Journal che, credo, non difetta in fatto di affidabilità. Ci sono, in questo momento, grandi banche mondiali che si stanno preparando al ritorno alle vecchie divise europee. Il fatto che queste notizie non siano patrimonio di cronaca del nostri mezzi d’informazione non significa che non possano avvenire.
Come mi è capitato di scrivere più volte, ci sono banche che prendono il denaro dalla Bce all’1 per cento e acquistano il debito pubblico di Paesi in difficoltà – uno a caso: l’Italia – al 6-7 per cento, lucrando, senza fatica alcuna, il 4-5-6 per cento. In queste condizioni non è difficile capire come andrà a finire. Anche perché – in questo momento storico – chi si indebita a queste condizioni difficilmente potrà restituire il denaro preso in prestito. A meno che i creditori non siano interessati ad ‘altro’: per esempio, a certi asset del nostro Paese…
Insomma: questa crisi è tutta da studiare.
Quanto al discorso di fine anno di Napolitano, mi sono limitato ad osservare un fatto oggettivo: l’assenza di un riferimento forte – nelle sue parole – alla questione meridionale. La cosa mi ha colpito per due motivi. In primo luogo perché Napolitano è intervenuto e interviene spesso sollecitando interventi concreti per il Sud. Lo ha fatto, ad esempio, nel discorso d fine anno del 2010. Mentre quest’anno, chissà perché, ha preferito sorvolare.
La seconda cosa che mi ha colpito è che, forse, il Presidente della Repubblica pensa che, in questo momento, la crisi di ‘sistema’ sia più grave e più pressante della questione meridionale. E magari questo è pure vero. Ciò, però, non significa che ci si può dimenticare che, oggi, al Sud, si sta molto peggio che nel resto del Paese. Don Luigi Sturzo, poco prima di lasciare questa terra, lanciò una profezia: “L’Italia sarà quello che il Sud sarà”, disse. Non mi sembra che abbia detto una cosa sbagliata. Pensare – e molti lo pensano, a cominciare dalla Lega – che l’Italia si possa salvare senza risollevare le sorti del Sud è un errore grave.
Concordo con te sul giudizio su Massimo D’Alema. Una volta, per avere detto che secondo me, anche se un po’ aspro, è bravo, due colleghi ‘di sinistra’ mi volevano sbranare. Era il tempo delle sue feroci polemiche con i giornalisti, proprio mentre era ancora in voga la celebre frase di Nanny Moretti: “Dai, D’Alema, di’ qualcosa di sinistra…”.
Ora, battute a parte, D’Alema è veramente bravo. Ed è molto ‘più di sinistra’ di tanti personaggi ‘fricchettoni’ che parlano molto e producono poco. Certo, se fosse al governo ci capiterebbe pure di attaccarlo, là dove dovesse ‘imbarcare’ il professore Pietro Ichino e le sue ‘innovative’ idee in materia di diritto del lavoro.
Ciò posto, D’Alema, anche se di ‘malocarattere’, è veramente bravo: uno dei politici più preparati del nostro Paese.
con immutata stima

Giulio Ambrosetti

 

Redazione

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