Etna, la Grotta 3000 è l’ultima scoperta dei fratelli Teri «Dimostrazione che il vulcano è una continua sorpresa»

Potrebbe essere la cavità più alta sul vulcano, per questo è stata battezzata Grotta 3000. È l’ultima esplorazione di Dario e Paolo Teri, i due escursionisti e maestri di scii che, guidati dalla loro passione per l’Etna, in questi anni hanno individuato più di 60 nuove grotte. L’ingrottamento si trova nella Valle del Leone ai piedi dei crateri sommitali, sulle lave dell’eruzione del 2014, sul versante orientale del vulcano. La zona appartiene al territorio di Zafferana etnea, dove si insinua la giovane cavità che raggiunge una volta di 12 metri, con una massa di ghiaccio sul fondo e contiene un laghetto ghiacciato. Secondo gli esperti è quindi una grotta molto recente. «L’Etna è davvero un universo da scoprire e ha sempre qualcosa da svelare – racconta Dario Teri a MeridioNews – Questo ci fa capire quanto sia una continua sorpresa e che conosciamo sempre poco di questo vulcano, per via del fatto che ci sono zone poco battute dal pubblico. Quest’ultima, che abbiamo voluto nominare Grotta 3000, trovandosi a tale quota, ci ha stupito perché pensavamo ci fosse una grotta, ma non con queste caratteristiche, in particolare la notevole presenza di ghiaccio al suo interno, nonostante si tratti di lave recenti e a quanto sembra non era stata notata prima, nonostante il passaggio nelle vicinanze di guide e gruppi. Le analisi più approfondite, adesso, ci hanno dato ragione».

L’esplorazione risale a pochi giorni fa e si aggiunge a della grotta Gravità permanente – dedicata a Franco Battiato – scoperta lo scorso anno nel territorio a metà tra Bronte e Maletto. Le grotte, chiamate anche Lava Tubes, sull’Etna sono oltre 300. Il numero è andato crescendo grazie all’attività di ricerca svolta dai due fratelli che hanno iniziato «per gioco» la campagna esplorativa che, pare, al momento non ammette alcun freno. Un’esplorazione dietro l’altra che ovviamente ha bisogno di essere documentata e censita. Così, Dario e Paolo Teri hanno dato vita a Etna Lava Tubes Project: un maxi censimento lavico nato per divulgare la conoscenza delle grotte etnee venute fuori nel corso del tempo, comprese, naturalmente, quelle inedite. Gli ingrottamenti sono generati da fenomeni naturali, che, di conseguenza, possono anche essere modificati o eliminati nel tempo. È il caso di questa grotta che «la cui durata dipende dall’attività dei crateri sommitali – prosegue Teri – Potrebbe partire un’eruzione alla base o dai crateri stessi, che in questa zona sono estremamente attivi. Si potrebbe causare la perdita totale della grotta e sarebbe un peccato, viste le particolarità della grotta legata soprattutto all’altezza in cui si trova e rappresenterebbe una meta per guide, esploratori e speleologi».

Oltre alla curiosità e alla passione, per condurre questo tipo di ricerche è necessaria una profonda conoscenza del vulcano e mantenere un altro livello di attenzione. «Chi guarda dall’esterno queste scoperte pensa che possano essere banali o frutto di fortuna – precisa l’escursionista – Invece dietro c’è un grande lavoro di studio: un lavoro effettuato attraverso mappe satellitari, ortomappe, e fotografie che ci permettono di capire che possano esserci ingrottamenti. Lo studio parte approfondito parte da casa, poi viene riscontrato sul posto, che spesso è raggiungibile dopo 20-30 chilometri da fare in un’unica escursione tra terreni rocciose e sciare vulcaniche». Un’impresa che per chi è appassionato del più grande vulcano attivo d’Europa vale sicuramente la pena di intraprendere, anche con il rischio di che dopo l’esplorazione gli esiti siano negativi e non venga registrato nessun ritrovamento.

Oltre a una minuziosa conoscenza dell’Etna, l’escursione esige un’alta soglia di attenzione e saper utilizzare alcuni strumenti di sicurezza. «C’è una valutazione dei pericoli connessi alla singola grotta – osserva Teri – a volte è sufficiente avere casco e corda, altre volte una strumentazione specifica che bisogna saper maneggiare. Occorrono competenze di base e non si può affrontare un’escursione con leggerezza. Per l’esplorazione della grotta Gravità permanente, così come per quest’ultima, abbiamo affrontato un cammino impegnativo. Ci vuole una certa preparazione». La Grotta tremila adesso è pronta per essere ammirata, ma l’insenatura è ancora invasa dalla neve: «Il canale lavico è lungo – conclude l’escursionista – Aspettiamo che si sciolga la neve per poter osservare ulteriormente cosa riserva l’ingrottamento. Certo, con uno sguardo sempre attento a possibili eruzioni da cui dipende l’esistenza della grotta».

Carmelo Lombardo

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