No, una pioggia di eccezionale intensità non è «un caso fortuito». Non lo è se l’ente chiamato alla manutenzione non è stato «scrupoloso» nel provvedere ai suoi compiti. È con questa motivazione che il Tribunale delle acque di Palermo ha condannato l’assessorato regionale al Territorio a risarcire con oltre centomila euro un’impresa agricola di Noto, devastata dall’alluvione del gennaio del 2017. La sentenza che dà giustizia all’azienda BioVerde è arrivata solo due anni dopo, ma fissa un paletto importante che torna di stretta attualità alla luce dell’ondata di maltempo dello scorso weekend che ha portato morte e distruzione nel Sud-Est dell’Isola.
Coincidenza vuole che sabato scorso Giuseppe Cappello – l’agente di polizia penitenziaria che ha perso la vita travolto dalla piena di un torrente che ha invaso la statale 115, tra Noto e Rosolini, trovando un tappo in un sottopasso pieno di detriti – abbia fermato la sua auto proprio al confine con i terreni della BioVerde. È sceso sperando di trovare un rifugio e invece è stato trascinato dal fango. Il suo corpo è stato ritrovato nei campi, a qualche centinaio di metri da dove aveva lasciato la macchina.
Quegli stessi terreni nel gennaio del 2017 erano stati trasformati in un acquitrino dall’ennesima esondazione del fiume Tellaro. Il 22 e il 23 gennaio il corso d’acqua esondò, trovando facile sfogo in una breccia di 60 metri nell’argine che si era creata due anni prima, sempre per una piena. Fango e acqua invasero decine di ettari. Circa dieci dell’azienda BioVerde in contrada Bucachemi a Noto, coltivati a patate biologiche e grano duro, furono sommersi. Distrutti il sistema di irrigazione e la stradella di servizio. I periti del tribunale hanno stimato danni per oltre centomila euro. «Abbiamo perso tutto – racconta il titolare Salvatore Schifitto – e la cosa che fa più rabbia è che, dopo i danni del 2015, avevamo segnalato la rottura dell’argine del fiume e diffidato l’assessorato a intervenire».
Ma nessuno intervenne. Il tribunale delle acque scrive che «l’intero alveo del fiume si presenta invaso da abbondante vegetazione fluviale prevalentemente costituita da canne». Il tutto nonostante le risorse ci fossero: lo stesso assessorato aveva infatti finanziato un intervento di manutenzione a inizio 2017. «C’era un progetto da 140mila euro – conferma Schifitto – che non è stato mai cantierato in questi due anni».
Ecco perché il tribunale ritiene «pienamente accertata la responsabilità dell’assessorato […] a causa della mancata riparazione dell’argine e dell’omessa manutenzione dell’alveo del fiume Tellaro». E precisa che «una pioggia di eccezionale intensità può costituire caso fortuito, a condizione che l’ente preposto alla manutenzione provi di aver provveduto alla manutezione del sistema di smaltimento delle acque nella maniera più scrupolosa e che, nonostante ciò, l’evento si sia ugualmente verificato».
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