ERSU: il diritto allo studio è partecipazione

 

L’Ersu è un ente del quale ho sentito parlare per la prima volta al secondo anno d’università. Dopo aver vinto la borsa Erasmus, un’amica mi disse che c’era un modo per poter usufruire di un ulteriore aiuto economico durante i sei mesi all’estero. Per avere tale aiuto dovevo rivolgermi all’ Ersu. Ma l’Ersu non è solo questo.

 

Volendo capire cosa fosse questo organo e quanto fosse importante per noi studenti, durante i “Career Days” (10-12 Maggio) alla Cittadella ho avuto l’occasione di intervistare un consigliere Ersu, Gianluca Anzalone, ed un volontario e studente di scienze della formazione, Salvatore Bruno. Salvatore spiega che per accedere ai servizi Ersu bisogna avere un’ottima media ed un reddito basso (reddito che si calcola in base al certificato Isee ed il cui minimo varia di anno in anno). Dopo aver presentato domanda si avrà una graduatoria dove figureranno gli studenti che sono stati classificati come idonei assegnatari ed idonei non assegnatari. Coloro che sono idonei ma non assegnatari hanno comunque delle agevolazioni, quali ad esempio i buoni pasto ed il rimborso delle tasse universitarie (il cui ammonto dipende dalla fascia di reddito/merito di appartenenza).

 

Gianluca Anzalone fornisce una panoramica dell’ersu e della situazione in cui si trova ad oggi:

 

«L’Ente Regionale per i diritti allo Studio Universitario è un ente che dovrebbe far rasserenare gli studenti universitari. È un ente che oltre a dare le borse di studio, i posti letto, e il servizio di ristorazione a prezzi agevolati, promuove anche iniziative culturali quali la settimana bianca, il corso di lingue all’estero, il corso d’informatica che permette di ottenere il patentino europeo ecc.. Il tutto ad un prezzo formale e simbolico. Ma c’è un problema di fondo: tutto questo è riservato solo ad una parte degli studenti, perché i fondi non sono dell’università, ma sono regionali. Questi fondi in parte vengono dalla tassa che gli studenti pagano per il diritto allo studio ed in parte sono dati dall’assessorato regionale alla pubblica istruzione all’università. A differenza della gran parte delle regioni d’Italia, in Sicilia non c’è una volontà politica sul diritto allo studio.»

 

«I fondi rispetto alle altre regioni sono molto ridotti, quindi succede che, mentre nelle altre regioni tutti gli studenti che possono partecipare ai questi bandi di concorso possono usufruirne, in quanto idonei, qui in Sicilia no. Esemplificando: se 4000 ragazzi presentano domanda per la borsa di studio, e tutti e 4000 sono idonei ad avere la borsa, noi abbiamo dei fondi che possono coprire solo 1000/1500 studenti.Il resto, pur avendone diritto (secondo l’art.34) non postranno usufruire di questo premio! È come pagare la bolletta del telefono senza averlo. Ogni anno si paga la tassa per il diritto allo studio senza però poterne usufruire.

Questo non è un problema dell’Ersu, è un problema regionale, non c’è una volontà politica sul diritto allo studio universitario.  Questo spiega perchè poi, quando molti di noi si laureano, scelgono di andare a fare master o stage o al nord Italia o in un paese estero. Una sorta di fuga di cervelli quindi. Ritengo che negli anni precedenti – intendo circa 10 anni fa – c’è stata una disordinata e cattiva gestione da parte dell’Ersu delle risorse che esso dispone».

 

Come vengono distribuiti gli altri fondi Ersu? 

«Ad oggi vengono spesi molti soldi nelle spese per la manutenzione delle case. Questo non è stato fatto in passato, quindi succede che queste case dello studente hanno sempre problemi: mancanza di acqua calda, mal funzionamento dell’impianto di riscaldamento, umidità nelle stanze… insomma, coloro che hanno il posto letto non vivono in situazioni ottimali.

Un altro problema che c’entra col diritto allo studio è l’aumento del prezzo degli affitti delle case a Catania. Tali prezzi sono saliti a cifre esorbitanti dopo l’avvento dell’euro, quasi comparabili ai prezzi che si hanno a Bologna, dove il tenore di vita è più alto ed inoltre i contratti sono legalizzati, mentre invece qui nel 99% dei casi gli affitti sono fatti in nero. Anche questo c’entra con i servizi dell’Ersu, infatti noi oltre a erogare borse di studio e posti letto diamo anche la possibilità agli studenti di aver rimborsato l’affitto che pagano per la casa, solo però se ci portano il contratto, per rispettare il principio basilare della legalità.  Sfortunatamente quindi, coloro che hanno un affitto in nero, pur magari potendo  potenzialmente usufruirne, non avendo un contratto non possono».

 

«Su questo quindi c’è una battaglia da fare, che non può condurre solo l’Ersu, ma anche l’università ed il comune, a prescindere dall’orientamento politico. Il dato che si deve guardare è che 60.000 studenti a Catania fanno girare l’economia, portano soldi: panifici, locali notturni, se gli studenti non ci fossero, chiuderebbero. Politicamente quindi, gli studenti universitari sono un investimento e si dovrebbe far qualcosa per combattere questo disagio.

Noi consiglieri, tempo fa, avevamo trovato una soluzione e siamo andati al comune ad esporre il problema degli affitti in nero. Avevamo proposto che a tutti i proprietari Catanesi di una seconda casa, che sarebbe poi quella che affittano, il comune non facesse pagare la tassa o l’ici, facendogli quindi spendere meno soldi. In cambio però i proprietari dovevano fare un prezzo agevolato agli studenti e soprattutto legalizzare il contratto. In questo modo, tutti gli studenti col contratto legalizzato avrebbero avuto il rimborso da parte dell’Ersu. Tutto ciò per avere una situazione di legalità, una migliore condizione degli studenti ed anche un buon biglietto d’immagine rispetto a quegli altri posti dove questo contratto legale c’è. Non abbiamo avuto alcuna risposta da parete del comune. Sono gli studenti che devono fare qualcosa a questo punto. Bisogna avere il coraggio di denunciare queste cose».

 

«Il diritto allo studio c’entra in diverse cose, anche per quanto riguarda il lavoro: se uno studente a Bologna prende lavoro come cameriere, ottiene un contratto part time e lavorerà per otto ore al giorno invece che dodici ore per 24 euro. Qui il problema principale è la legalità. Gli studenti non possono lavorare per quattordici ore senza un contratto! Ma per risolvere questi problemi è giusto che si abbia più trasparenza ed informazione.

Fortunatamente la rete ci aiuta in questo senso: noi abbiamo un sito dove per legge dobbiamo dare informazioni e pubblicare tutti i bandi di concorso che escono. Al sito si può accedere tramite il sito dell’Università di Catania cliccando su “Ersu Catania”. Inoltre stiamo creando un forum on line, che permetterà agli studenti di capire cosa succede e di risolvere i problemi a distanza ed in maniera immediata. Tutti questi strumenti sono volti al fine di essere più trasparenti possibili».

 

Ha mai, l’Ersu, posto dei banchetti all’inizio dell’anno accademico nelle diverse facoltà per spiegare agli studenti e soprattutto alle matricole cosa è l’Ersu e cosa fa per loro?

«Noi abbiamo dato la possibilità ad alcune associazioni studentesche universitarie di collaborare con noi, come in una sorta di sportelli decentrati dell’Ersu, tutto questo è stato fatto ma non ha avuto il risultato sperato, non c’è stata la diffusione sperata, solo poche persone sono state informate dagli stessi ragazzi».

 

Ma allora non si potrebbero fare dei banchetti, come questo qui al salone dello studente, in ogni facoltà con dei ragazzi volontari che possano aiutare chi ha bisogno di informazioni?

«I ragazzi che sono oggi qui sono volontari e fanno tutti parte dell’associazione non politica Iride. Loro hanno capito che questo problema c’è, e stanno cercando di dare informazioni. Questo lavoro deve essere fatto da persone che davvero vogliono aiutare».

 

Il prossimo anno vi vedremo ai Benedettini col banchetto?

«Già a Scienze della formazione abbiamo fatto una cosa simile. Ti anticipo una cosa: ho incontrato Massimo Caponnetto, consigliere di Lettere, che vuole fare la stessa cosa che noi stiamo facendo, ai Benedettini. Staremo a vedere e vigilare che questo avvenga

Link: www.ersu.unict.it

Marina Currao

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