Il tribunale del Riesame di Palermo ha revocato gli arresti domiciliari, imponendole però l’obbligo di soggiorno a Termini Imerese. La decisione riguarda la donna che il 3 agosto è stata condotta ai domiciliari con l’accusa di aver fatto prostituire il figlio via chat per soddisfare le presunte richieste del parroco che opera a San Feliciano Magione, in provincia di Perugia, in cambio di soldi. Davanti al gip Fabio Pilato, inizialmente, i due avevano deciso di non rispondere.
Il parroco Vincenzo Esposito, originario di Caltavuturo, attualmente si trova in carcere. La donna, secondo l’accusa, avrebbe fatto in modo che il proprio figlio partecipasse a chat erotiche in cambio di piccole somme di denaro. Adesso, nei suoi confronti, i giudici hanno ritenuto sufficiente il divieto di uscire dal territorio di residenza, accogliendo il ricorso della difesa. Per il parroco – sospeso dall’incarico e sotto inchiesta da parte dell’arcidiocesi perugina – il gip di Palermo Fabio Pilato aveva deciso la conferma della misura della custodia cautelare in carcere. L’indagato non ha fatto ricorso al riesame.
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