Enna, tornano in carcere i cugini Nicosia Accusati di aver fatto a pezzi un tabaccaio

Nuova misura cautelare in carcere per Maurizio Giuseppe Nicosia, 55 anni (già detenuto per altra causa), e Michele Nicosia, 54, cugini originari di Villarosa accusati di associazione mafiosa e di aver ucciso, con inaudita violenza, il tabaccaio Giuseppe Bruno, scomparso nel nulla il 27 maggio del 2004. Lo ha deciso la sezione del Riesame del Tribunale di Caltanissetta che ha dato ragione alla Direzione distrettuale antimafia nissena, dopo che, in un primo momento, i legali dei cugini Nicosia avevano ottenuto la scarcerazione. 

I due erano stati arrestati il 22 febbraio del 2017, nell’ambito dell’operazione Fratelli di sangue, che ha fatto luce sulla mafia di Villarosa e su alcuni episodi particolarmente cruenti. In quel caso finirono in carcere anche altri due esponenti della stessa famiglia: Damiano e Amedeo Nicosia, 60 e 51 anni. Tutti accusati di associazione mafiosa, finalizzata a commettere omicidi, usura, traffico di droga, detenzione e porto d’armi. Nonché del tentativo di gestire il controllo delle attività economiche del territorio.

Nonostante il Tribunale avesse inizialmente confermato la misura restrittiva, la Corte di Cassazione – su richiesta degli avvocati per la sola parte dell’ordinanza riguardante l’omicidio di Bruno – ha deciso la revoca del provvedimento. La Dda ha presentato ricorso in Cassazione e la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza di revoca della misura restrittiva emessa dal Tribunale del Riesame, chiedendo al contempo a quest’ultimo di pronunciarsi per una terza volta. Nella mattina di ieri, il Tribunale del Riesame ha confermato l’iniziale ordinanza di custodia cautelare e si è proceduto a eseguire la misura.

A raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di Maurizio Giuseppe Nicosia e Michele Nicosia ha contribuito in maniera decisiva un pentito, Santo Nicosia, fratello di Michele e cugino di Maurizio, entrambi arrestati oggi. «È attendibile – ha spiegato il pubblico ministero Santi Roberto Condorelli – perché non aveva sconti di pena da ottenere. Ha fatto una scelta: allontanarsi da quell’ambiente, ritenendo di raccontare questo omicidio di cui si era occupata la trasmissione Chi l’ha Visto con ben cinque puntate».

Agghiaccianti i dettagli dell’omicidio del tabaccaio: Giuseppe Bruno sarebbe stato ucciso per aver reclamato la restituzione di un prestito ai Nicosia, strangolato, fatto a pezzi con una motosega, dato in pasto ai maiali e in parte bruciato dentro un fusto metallico. Il collaboratore Santo Nicosia non sarebbe stato coinvolto direttamente nell’omicidio di Bruno, ma era invece partecipe in altri traffici della famiglia. Quest’ultima non sarebbe affiliata a Cosa Nostra ma negli anni avrebbe soppiantato a Villarosa la tradizionale famiglia mafiosa e, ha precisato la Procura, «controlla il territorio meglio di Cosa Nostra al punto di essere percepito dagli altri clan come tale. La loro forza si esplica nel controllo dei terreni al pascolo, del traffico di droga, e dell’usura». I Nicosia avrebbero anche favorito e protetto la latitanza del boss di Gela, Daniele Emmanuello.

Redazione

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