A dispetto dell’ironico appellativo di capitale dei cantieri, viste le tante strade interessate da lavori che si protraggono a volte anche da anni, a Palermo la situazione del settore del lavoro edile sembra essere ai limiti del drammatico. Questo è quanto emerso dai dati raccolti dalla Fillea Cgil, in congresso provinciale in questi giorni nel capoluogo per portare avanti una discussione che il sindacato sta facendo più in generale sul tema. «Rappresentiamo i lavoratori di un settore che ha difficoltà – spiega a MeridioNews Francesco Piastra, segretario provinciale del sindacato degli edili – anche per un grosso calo tanto degli appalti pubblici quanto di quelli privati. Palermo, e in generale la Sicilia, non recuperano a differenza di quanto stanno facendo altre regioni del Meridione e questo è un problema. Bisogna dare una risposta al comparto: sono oltre diecimila i lavoratori a essere stati espulsi dal ciclo produttivo, di cui circa mille solo nell’ultimo anno».
Considerando il periodo che va da ottobre 2017 a lugli 2018, infatti, si passa dalle 2020 imprese attive della stessa porzione di tempo nell’anno precedente, alle attuali 1821, con una perdita del 9,25 per cento e a una riduzione della forza lavoro impiegata da 9277 a 8882 unità, con un calo del 12,88 per cento. E non va di certo meglio per il monte salari, che ha riscontrato nell’ultimo anno una perdita che supera i dodici milioni di euro passando dai circa 68 milioni dello scorso anno ai 56 milioni del periodo in corso. Un trend negativo che colpisce il settore privato (meno quattro milioni), ma ancor più quello pubblico, dove la perdita supera i sette milioni di euro, con un crollo del 24,31per cento.
La soluzione a questa emorragia di posti di lavoro sembra essere lontana, almeno a guardare i trend. Da par suo, tuttavia, la Fillea Cgil avanza le sue proposte, per tentare quanto meno di mettere un freno a una crisi che pare quasi inarrestabile. «È necessario rivendicare più investimenti – continua Piastra – per definire gli appalti in corso, per aprire nuovi cantieri, per incentivare ancora di più l’utilizzo della rigenerazione energetica. Un altro aspetto che va analizzato è quello dell’edilizia popolare: con una crisi di case sul mercato sociale che avanza quando invece si potrebbero seguire gli esempi positivi di famiglie che hanno occupato per esigenza, anche abusivamente, edifici pubblici e li hanno recuperati. Perché allora non regolamentare l’utilizzo a fini sociali anche dei beni pubblici?».
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