Far pagare un biglietto – magari anche salato – per stare a Taormina. L’idea arriva dalla Gran Bretagna, dove il quotidiano The Spectator ha pubblicato un articolo sui danni del turismo di massa che, anno dopo anno, rischia di minare definitivamente le identità di città e paesi. Trasformandoli in non-luoghi, contenitori dove affluiscono milioni di persone disposte a rimanere ore «in coda per scattare la stessa foto».
A parlare della città ionica è il giornalista Sean Thomas, che racconta del viaggio fatto in Sicilia per descrivere le bellezze dell’isola. Tra le quali, appunto, Taormina. «Amata da Goethe, Wagner, Yeats, Wilde, Lawrence, di questa perla della Sicilia una volta Ernest Hemingway disse che è così bella che fa male guardarla. Eppure io l’ho detestata», scrive. I motivi di tanto odio sono presto detti. «Non appena ho messo piede fuori dal mio albergo sono stato inghiottito da un mare di tedeschi, americani, giapponesi e inglesi. Orde di turisti che facevano la fila per entrare in città, per camminare lungo la strada principale». Thomas fa poi riferimento alle spese esorbitanti che bisogna affrontare anche per un cocktail, se lo si beve in uno degli hotel più rinomati.
E il futuro potrebbe essere anche peggiore. Perché, se si considera la crescita economica di nazioni come Cina e India, non è così impensabile tra qualche anno una meta come Taormina si troverà a dover affrontare nuove ondate di turisti provenienti dall’Asia. «Perché non dovrebbe un miliardo di indiani arrivare a Taormina? D’altronde, hanno lavorato duramente per le loro vacanze», commenta il giornalista.
Ma quale può essere, allora, la soluzione a un problema che Thomas tiene a sottolineare riguarda larga parte dell’Europa? La risposta la suggerirebbe il Bhutan. Il paese incastonato nell’Himalaya per una precisa scelta di governo ha deciso di contrastare il turismo di massa. Come è facile spiegarlo: ha deciso di fissare una tassa di 200 sterline per ogni giorno di permanenza nel Paese. Una cifra che di fatto riduce l’interesse di tante persone. La rinuncia ad aprire l’economia al turismo estero viene ripagata – scrive il giornalista britannico – con la preservazione di ciò che ancor’oggi riesce a essere il Bhutan. Al punto che «probabilmente entrano più persone in un vostro supermercato un qualsiasi sabato rispetto a quante arrivano in Bhutan in una settimana».
A pensare a misure contro il turismo incontrollato, tuttavia, è stata già qualche località italiana. A ricordarlo è lo stesso Thomas. «Quest’anno una parte particolarmente bella d’Italia, le Cinque Terre, stanno progettando di fare esattamente questo», conclude il giornalista, facendo riferimento all’idea di fissare un tetto massimo di un milione e mezzo di turisti estivi. Superato il quale «le porte dei bar e le strade che portano al mare saranno chiuse» ai visitatori.
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