Eas tra occupazione e pignoramenti

Secondo voi dal disastro della Regione siciliana – perché ormai è un disastro – si poteva salvare l’Eas? La sigla sta per Ente acquedotti siciliani. Negli anni della ‘Prima Repubblica’ distribuiva l’acqua a un buon numero di Comuni siciliani (grosso modo la metà), accumulava debiti e gestiva lucrosissimi appalti pubblici (celebre i lavori per l’acquedotto Ancipa, una follia ingegneristica inventata dalla politica di quegli anni per ‘distribuire’ non l’acqua, ma le tangenti).

Oggi l’Eas (foto del logo a sinistra tratta da controlacrisi.org) è un po’ ammaccato. Ma è ancora in piedi. Non ha soldi. Tanto che oggi i dipendenti hanno occupato la sede di Palermo. Vogliono che la Regione gli paghi gli stipendi. Un’altra emergenza in una Sicilia che somiglia sempre più a una “nave senza nocchiero in gran tempesta” (vi risparmiamo il seguito che la gente ‘allittrata’ conosce già).

Oggi l’Eas è in liquidazione, ma alla ‘siciliana’. Le liquidazioni alla ‘siciliana’ sono diverse da quelle previste dalle grigie e poco fantasiose leggi italiane. Nella nostra Isola le liquidazioni delle società pubbliche sono come i rotoloni di una carta igienica molto pubblicizzata in televisione: non finiscono mai. Per la felicità dei liquidatori che liquidano, liquidano, liquidano…

Chi scrive aveva otto anni quando iniziava la liquidazione delle società coinvolte nel tentativo – per fortuna fallito – di realizzare uno stabilimento chimico a Termini Imerese. Venti anni dopo ci occupavamo, da giornalisti, della liquidazione di queste società.

La stessa cosa sta avvenendo con le società di Ente minerario siciliano, Espi e Azasi: poste in liquidazione nei primi mesi nel 1998, in alcuni casi sono ancora lì. Liquidazioni eterne.

All’Eas, però, è diverso. L’Ente è in liquidazione dal 2004. Ma siccome siamo in Sicilia, mantiene ancora 17o dipendenti e distribuisce l’acqua a 45 Comuni (per lo più tra la provincia di Messina e quella di Catania). Circa 500 mila siciliani ricevono l’acqua dall’Eas. Che senso ha tutto questo se l’Ente è in liquidazione? Che senso ha tutto questo se l’Eas ha ceduto gli impianti a Sicilacque? Follie.

Il putiferio è scoppiato perché il commissario dello Stato ha impugnato una norma che prevedeva la spesa di oltre 27 milioni di euro. Dipendenti e sindacati protestano. Ma dimenticano che l’mpugnativa del commissario dello Stato, di per sé, non significa nulla. Se hanno ragione possono chiedere al governo regionale di pubblicare la norma impugnata. Nessuna legge lo vieta. C’è solo un piccolo particolare: se la Corte Costituzionale dovesse, poi, dare torto al governo, pagherebbe di tasca propria il presidente della Regione. Tutti qui.

Il fatto che la legge impugnata non sia stata pubblicata non può che avere un solo significato: il commissario dello Stato ha ragione. Qualcuno, forse, ha sbagliato.

Da dove dovrebbero entrare i soldi all’Eas per pagare i dipendenti? Da quello che abbiamo capito noi dalla fatturazione. Ma i 45vComuni sono in grado di pagare?

Altra domanda: l’Eas vantava crediti, anche ingenti. E’ vero che sarebbero stati ‘venduti’ a prezzi irrisori? Ci nono anche i creditori. Tanti creditori. Ogni tanto uno di questi perde la pazienza e avvia il pignoramento.

Questo è – credito svenduto in più, debiti in meno – l’Eas retto dalla Regione siciliana nell’anno di grazia 2012. Insomma un gran casino.

Foto di prima pagina tratta da lipari.biz

 

Blasco da Castiglione

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