È morto Carmelo Terranova, esponente del clan Aparo Aperta un’inchiesta. Legale: «Aspettiamo esito autopsia»

«Ci potrebbero essere delle responsabilità politiche per la morte di Carmelo Terranova». Non si sbilancia troppo l’avvocato Antonio Meduri che, da tempo, era il legale del 72enne esponente di spicco della cosca Aparo di Siracusa che è morto giovedì mattina nel carcere di Parma. «Aspettiamo l’esito dell’autopsia – commenta il penalista a MeridioNews – che dovrebbe essere eseguita oggi stesso, come disposto dalla procura di Parma che ha anche aperto un’inchiesta sul caso. Quel che è certo è che vogliamo venire a capo di questa vicenda». 

Condannato a tre ergastoli per omicidio con l’aggravante mafiosa, lo scorso 30 aprile Terranova era tornato nella sua casa di Floridia. A concedere i domiciliari, su istanza del legale, era stato il magistrato del tribunale di sorveglianza di Bari per il suo precario stato di salute che avrebbe potuto essere compromesso dall’eventuale infezione da Covid-19. Dopo 24 giorni passati nella sua abitazione nel Siracusano, su ordine della procura di Bari, il 72enne era stato arrestato dai carabinieri di Floridia e portato nella casa circondariale Cavadonna di Siracusa. «Gli approfondimenti sanitari successivamente condotti – avevano scritti i militari in una nota – hanno attestato la non incompatibilità delle sue condizioni di salute col regime carcerario». 

«Fa rabbia perché credo – sostiene l’avvocato Meduri – che si sia trattato di una scelta politica fatta sull’onda dell’emotività del momento con i due decreti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede». Le scarcerazioni dei mafiosi durante la pandemia del nuovo coronavirus, in effetti, hanno fatto nascere diverse polemiche. Terranova è rimasto circa un mese nella casa circondariale di Cavadonna, poi è stato trasferito nella struttura carceraria di Parma – dove sono morti sia Totò Riina che Bernardo Provenzano – un centro di eccellenza anche dal punto di vista dell’assistenza sanitaria

«Dopo due giorni dal trasferimento – ricostruire il legale – ho ricevuto una pec in cui mi informavano che il mio assistito era stato ricoverato all’ospedale civile di Parma». Terranova, già da tempo, soffriva di una grave patologia che comporta seri problemi respiratori. «L’ultima volta l’ho sentito martedì, due giorni prima della morte – aggiunge Meduri – Mi ha detto che era stato ricoverato per degli accertamenti, che stava bene ma ha lamentato di non essere stato curato in maniera accurata». Dopo gli esiti dell’autopsia l’avvocato deciderà, insieme ai familiari, come procedere. «Al di là degli errori che hanno commesso e che non vengono messi in discussione – afferma – bisogna ricordarsi che si tratta comunque di essere umani». 

Già nel 2015, proprio per le sue condizioni di salute, Terranova era stato scarcerato. Per un anno e due mesi era rimasto ai domiciliari, poi però il suo appartamento sarebbe diventato il luogo di incontro tra appartenenti alla cosca mafiosa. Per questo era tornato in cella nel carcere di Bari. Terranova era stato condannato all’ergastolo per gli omicidi del francofontese Salvatore Pernagallo, di Salvatore Navarra, l’autista dell’allora sindaco di Canicattini Bagni e anche per la strage di San Marco. Tutti e tre gli episodi sono avvenuti nel 1992. 

Marta Silvestre

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