Doppio binario, flashmob di protesta Il sindaco: «Sono ottimista, non si farà mai»

«Sono ottimista, penso che il progetto delle Ferrovie non si farà mai». Parola del sindaco etneo Raffaele Stancanelli. Ma il raddoppio dei binari dalla stazione centrale ad Acquicella, precisa, con l’aumento da 70 treni in direzione sud ogni giorno fino a 270 è un’opera che «si farà, perché in un periodo di crisi non possiamo permettere le critiche di chi dirà “non si investono soldi a Catania”». Si farà, promette il primo cittadino, ma con un progetto alternativo già presentato a Rfi e quindi senza le demolizioni di importanti edifici storici consentite dall’accordo di programma siglato nel 2004 con il Comune di Catania guidato allora da Umberto Scapagnini. Del resto l’occasione per affrontare pubblicamente, e da protagonista assoluto, una fondamentale questione per la città di Catania l’ha data oggi a Stananelli la manifestazione contro il progetto delle Ferrovie del Forum catanese per la cultura e l’ambiente.

Per dire il proprio no al progetto di Rfi che stravolgerebbe il centro storico di Catania si sono riuniti in centinaia in piazza Federico di Svevia. E il treno – o meglio, il trenino – si sono messi tutti a imitarlo per gioco, in un flashmob attorno al Castello Ursino partito alle ore 18. Dopo, tutti a spasso per l’antica giudecca catanese, il quartiere ebraico, con i soci dell’Istituto italiano dei castelli, dell’Inner Wheel, dell’Etna garden club, del Fai (Fondo ambiente italiano) e di Italia Nostra pronti a spiegare la storia millenaria di quei luoghi, deturpati per l’ultima volta proprio dal binario attuale, nato nel 1863 tra le proteste dei catanesi.

«La storia si ripete: già allora il senato catanese disse no agli archi della marina e alla costruzione della ferrovia sul mare. Si realizzò comunque, tagliando in due moltissimi palazzi» raccontano la guide, mentre il professor Eugenio Magnano di San Lio, docente alla facoltà di Architettura di Siracusa, spiega che quegli stessi edifici oggi rischiano di essere eliminati. «L’edificio all’angolo con la via Auteri, l’edificio che ospità il famoso ostello Agorà e tutti gli altri verrebbero abbattuti – spiega il docente a una numerosa folla –  mentre le terme romane di piazza Currò e persino il pozzo di Gammazita potrebbero subire dei gravi danni». «E allora perché la soprintendenza approvò l’opera nel 2003?» chiede una donna, scatenando applausi e un dibattito in piazza. «Forse per convenienza personale, forse solo per ignoranza» risponde il professore universitario, mentre il nome di Gesualdo Campo, soprintendente ai beni culturali di Catania nel 2003, risuona spesso tra la stradine che il progetto delle Ferrovie minaccia di cancellare per sempre.

«Stiamo uniti: solo con il vostro appoggio potremo far cambiare il progetto» spiega alla folla il primo cittadino, ma non mancano le contestazioni. Come quella di Salvo Grillo, fondatore del Gar (Gruppo azione risveglio) che grida: «Allora nella prossima campagna elettorale chieda di far rimuovere Campo da dirigente dei beni culturali alla Regione».

Se per Pierangelo Spadaro, militante di Sinistra ecologia e libertà, «il sindaco sta facendo campagna elettorale», sono tanti i rappresentanti della sinistra catanese – compreso un sorridente Enzo Bianco -, in posizione defilata rispetto alla «No Tav» del sindaco Stancanelli. Presente anche la società civile con Forum per l’acqua pubblica, forum Salviamo il paesaggio e tanti altri che non partecipano al Forum catanese per la cultura e l’ambiente, ma sono contrari un progetto unanimemente considerato «devastante». Per Mirko Viola, coordinatore del gruppo giovani di Cittàinsieme, la vicenda del progetto Rfi ha i contorni grotteschi e amari del film Amici miei  di Mario Monicelli. «Mi ricorda tanto la scena in cui il gruppo di amici in un paesino fingeva di prevedere demolizioni di interi edifici per far posto all’autostrada» ride Mirko, ma con un po’ di amarezza. Si augura solo che «l’ammistrazione faccia tutto il possibile per evitare questo progetto».

Leandro Perrotta

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