Dopo Totò Cuffaro a casa tutta la Dc

Questa volta sembra finita. Se non per sempre quasi sempre. Questa volta nemmeno la Sicilia ha resistito. Questa volta, per gli ex democristiani, sembra il momento della fine.

Se, alla caduta della Prima Repubblica, c’è stata una regione dove la Dc è riuscita a scampare alle forche di Tangentopoli, ebbene, questa è stata la Sicilia, Cosa non si sono inventati gli ex democristiani, in quegli anni difficili, per salvaguardare una tradizione!

L’Isola dove, alla fine, la Dc è nata, all’indomani della seconda guerra mondiale, nella casa dell’avvocato Giuseppe Alessi, non per caso seguace di don Luigi Sturzo, è stata la prima regione italiana a capire che Mino Martinazzoli, con la sua riedizione un po’ sfuocata del Partito popolare italiano rinato sulle ceneri fumanti della Dc non avrebbe avuto vita lunga.

Così, nei primi anni ’90, quando la bandiera della Dc finiva ovunque nella polvere, in Sicilia vedevano la luce due schieramenti politici di estrazione democristiana: il Cdu, con Totò Cuffaro, e il Ccd con gli uomini di Pierferdinando Casini e, nell’Isola, di Raffaele Lombardo. Il ciclone di Forza Italia, nel 1994, e i berlusconiani che vincono le elezioni regionali siciliane del 1996 non sbaragliano gli ex Dc. Che resistono.

Resiste il Ccd. E resiste, soprattutto, il Cdu di Cuffaro. L’operazione Udeur di fine anni ’90, con Francesco Cossiga che spiana la strada, a Roma, al Governo D’Alema, crea le condizioni politiche per la fusione di tutti gli ex democristiani nell’Udc. Cosa, questa, che avverrà quando Cuffaro sarà già stato eletto presidente della Regione.

Negli anni ’90 fino alle elezioni regionali del 2008, gli ex democristiani condizioneranno gli equilibri politici siciliani. E gli equilibri dell’Udc a Roma.

I primi segnali di un’insofferenza verso gli ex democristiani di Sicilia si manifesteranno nel 2001, quando Forza Italia mal sopporterà la candidatura di Cuffaro alla presidenza della Regione. Ma alla fine, come già detto, Cuffaro si imporrà a tutto il centrodestra siciliano.

Con molta probabilità, le elezioni regionali del 2001 faranno scattare ‘qualcosa’: probabilmente, un ‘meccanismo’ messo in moto dagli uomini di Forza Italia che, come già accennato, non tolleravano di dipendere, per vincere in Sicilia, dagli ex democristiani. E’ in questo momento che, a nostro modesto avviso, cominceranno i guai di Cuffaro.

Gli ex democristiani resisteranno per i primi dieci anni del 2000. Lo stesso Lombardo, eletto presidente della Regione, è un democristiano catanese di seconda fila. La fondazione dell’Mpa, da parte di Lombardo, è il frutto di una ‘guerra’ tra lo stesso Lombardo, allora segretario dell’Udc siciliana, e Giampiero D’Alia. Uno scontro che il segretario nazionale del Partito dell’epoca, Marco Follini, non riuscirà a fermare, forse perché troppo impegnato a fare la guerra al Governo Berlusconi.

Uscendo dall’Udc, come già ricordato, Lombardo fonderà il Movimento per l’Autonomia. Resterà autonomista fino al 2008, quando, una volta eletto presidente della Regione, tornerà democristiano di seconda fila: cioè trasformista. Combinandone di tutti i colori e contribuendo, da ‘protagonista’, alla fine della tradizione democristiana in Sicilia.

Volendo, le ultime elezioni regionali siciliane ci hanno consegnato un’Udc pimpante, con tanti voti, oltre il 10 per cento. Sembrava una rinascita in grado di trascinare verso il successo anche Roma.

Ma a complicare, anzi a distruggere tutto ha pensato Casini, alleandosi con l’uomo che, di fatto, ha dimostrato di essere un estremista della finanza prestato alla mala-politica: Mario Monti. 

Un democristiano che si allea con un capo del Governo che crea gli esodati non si era mai visto. Un democristiano che per dodici mesi appoggia un Governo che massacra famiglie e imprese con le tasse per poi riversare il ‘bottino’ nelle ‘casse’ di una banca non si era mai visto. Eppure Casini è stato questo ed altro. Forse il bolognese allievo di Forlani non era più molto lucido.

Gli elettori lo hanno inquadrato perfettamente: infatti l’Udc di Casini, a livello nazionale, non ha raggiunto nemmeno il 2 per cento. Casini e un paio di desaparecidos rientrano in Parlamento grazie al cavillo del “miglior perdente”, invenzione-paracadute del Porcellum.

In Sicilia la caduta è pure verticale: l’Udc ‘capitanata’ da Giampiero D’Alia si ferma al 2,6 per cento. Un tonfo. E dire che dentro c’era mezzo Mpa, da Lino Leanza a Giovanni Pistorio. Tutti ‘masticati’.

Non va meglio a Lombardo, che con il suo Partito dei Siciliani rispolvera i prefissi telefonici della Sip. Questa formazione politica manda a Roma tre eletti: Pippo Compagnone, Antonio Scavone e Angelo Attaguile. Saranno democristiani? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che sono stati eletti nel Pdl.

E’ scomparso anche il Cantiere Popolare. Anzi, più che scomparso, mimetizzato nel Pdl (Saverio Romano, il coordinatore, è stato eletto nel Pdl, numero due nella Sicilia occidentale).

Insomma: un po’ di democristiani, o ex tali, eletti in Sicilia ci sono ancora. Tutti eletti altrove, però. Di gloriosi simboli democristiani non ce n’è più.

O forse ne sarebbe rimasto uno: Il Centro democratico di Bruno Tabacci, milanese che è riuscito a beccare sei seggi. Tutti al Sud, però. Perché nella sua Lombardia gli elettori non ne hanno voluto sapere.

Tabacci, ‘bocciato’ in Lombardia, è stato invece eletto in Toscana e in Sicilia. Se opterà per la Toscana al Parlamento nazionale tornerà il messinese Carmelo Lo Monte. Ma se Tabacci opterà per la Sicilia, a Roma andrà la toscana Cristina Scaletti. Potrebbe anche avvenire che Tabacci, che alla fine è lombardo, resti a Milano mandando in Parlamento la Scaletti e Lo Monte.

A parte questi casi – e gli eletti in questa o quella lista – di ex democristiani eletti in liste d’ispirazione democristiana non ce ne sono più. Forse, con il capitombolo dell’Udc di Casini, immolatosi sull’altare delle banche e delle finanze di Monti, si chiude un’epoca.

ps

Dimenticavamo: restano gli ex democristiani del Pd. Per la cronaca, i peggiori. I professionisti del tradimento. Affari & clientele. La loro, ovviamente, è un’altra storia. Fatta di molte miserie e di poca nobiltà. politica, s’intende. Per carità…

 

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Giulio Ambrosetti

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