Dopo il Covid-19, la fase due del governo Musumeci Col rimpasto fuori Bandiera, dentro la Lega. Ma dove?

Dopo quella legata al Covid-19, in Sicilia c’è da pensare all’altra fase due. Quella delle alchimie politiche del governo Musumeci. Con l’approdo della legge di stabilità a sala d’Ercole, dove da domani dovrebbe iniziare la votazione del ddl per concludersi alla peggio – ovvero sfruttando la possibilità di lasciare aperta l’ultima seduta di aprile – nei primi giorni di maggio, le forze di maggioranza iniziano a ragionare sulla nuova formazione della giunta. Dando per scontati – non fosse altro che è stato lo stesso Musumeci a dirlo – innesti e sostituzioni.

Chi da mesi è alla finestra, sbirciando dentro a palazzo d’Orleans per capire cosa accade, è senz’altro la Lega. Dopo la formazione del gruppo del Carroccio all’Ars e la dichiarazione di volere contribuire a rafforzare la maggioranza scricchiolante del centrodestra, il passo atteso degli uomini di Salvini nell’isola è l’ingresso nella squadra di governo. Uno scenario naturale, anche se a mancare al momento è la posizione in campo: l’assessore leghista andrà a occupare la casella, rimasta vuota dopo la tragedia che ha coinvolto Tusa, dei Beni culturali oppure vestirà la maglia dell’Agricoltura, che alla Regione Siciliana se non vale quanto una dieci nel calcio, poco ci manca?

Se si trattasse soltanto di una questione di desideri la soluzione sarebbe a portata di mano. L’assessorato all’Agricoltura, e tutto ciò che vi ruota attorno, a partire dalla pioggia di fondi messi a disposizione dall’Ue, fa gola a chiunque. E c’è chi fa notare che un accordo di questo tipo potrebbe rappresentare un buon viatico anche in ottica 2022, quando si tornerà al voto per le Regionali e ci sarà bisogno di stringere alleanze. Poi, però, bisogna fare i conti anche con la tattica e, non meno importante, con le aspettative di chi in giunta c’è da un pezzo, all’Ars ha molti più deputati che la Lega e sulla sorte governativa di Musumeci reclama un peso specifico maggiore. Insomma, bisogna fare i conti con Forza Italia.

Il partito di Berlusconi, che nell’isola checché se ne dica continua ad avere in Gianfranco Miccichè il punto di riferimento, ha proprio all’Agricoltura uno degli assessorati in mano. Tuttavia, il destino di Edy Bandiera sembra essere già deciso: a meno di clamorosi ripensamenti, sarà lui a essere richiamato in panca. A pesare è innanzitutto una prestazione in questi due anni e mezzo di legislatura giudicata appena sufficiente dagli stessi vertici del partito, senza infamie e senza lodi, un po’ – fa notare qualcuno – «come se a guidare l’assessorato ci fosse stato un commissario». Allo stesso tempo, però, il rimpasto servirà anche a lavare via l’imbarazzo causato a gennaio dall’inchiesta della Dda di Palermo sul clan dell’Arenella e quel Gaetano Scotto, boss accusato ingiustamente di essere coinvolto nella strage di via D’Amelio e sospettato invece di avere avuto un ruolo nell’uccisione dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. 

Nelle intercettazioni in mano agli inquirenti compare anche il nome di Franco Mineo, assicuratore ed ex deputato regionale – con il gruppo Grande Sud di Miccichè – che secondo il boss dell’Arenella sarebbe andato a trovarlo al Nord, durante la latitanza. In autunno Mineo era stato nominato da Bandiera capo della propria segreteria. Incarico a cui ha rinunciato dopo la sollecitazione di Musumeci, affinché «l’egoismo dei partiti» in materia di scelta dei collaboratori «non deve essere premiato a danno della rigorosa selezione, innanzitutto morale». 

Tutti fatti accaduti sul finire del primo tempo della legislatura. Adesso, c’è da pensare alla ripresa. Sempre che si riesca a uscire dagli spogliatoi. Tra Covid, finanziaria, ambizioni e malumori che potrebbero subentrare. D’altronde, a scalpitare per entrare in campo, tra Lega e Forza Italia, sono in tanti.

Simone Olivelli

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