La giornata del 13 febbraio ha avuto un successo immaginato da pochi. I più erano convinti, in ogni caso, che l’indomani l’evento sarebbe stato riassorbito nel silenzio. Così, fortunatamente, non è. Il movimento è vivo e fervente. Si riflette, si discute, si elaborano proposte. Le donne non sono ferme a guardare gli eventi. Né silenziose. Non lo sono mai state, in realtà. Silenziate sì, dai media e dal dibattito politico. Se ne è parlato anche mercoledì in una sala gremita della Casa Internazionale delle Donne di Roma. L’incontro, proposto dalla rivista “Gli Altri”, già impegnata nel dibattito precedente al 13 febbraio, è stata l’occasione per condividere posizioni e riflessioni diverse su quello che è stato e che potrà essere, con contributi da tante città italiane.
“Le differenze emerse dal dibattito sono da valorizzare”, ha sostenuto Angela Azzaro, moderatrice della discussione, “nella costruzione di questo bellissimo mosaico che è il movimento delle donne e non da ridurre a ragioni di divisioni”. L’intervento più importante è stato quello di Lea Melandri, femminista storica, che ha proposto una riflessione sul rischio di strumentalizzazione in atto. “Accusate di essere state zitte fino ad ora, perché improvvisamente veniamo chiamate a scendere in piazza?” L’attenzione mediatica che ha ricevuto la giornata del 13 febbraio, con dirette televisive, dibattiti nei talk shows, grandi titoli ad apertura dei più importanti quotidiani, impongono alcune valutazioni. Nonostante i tanti se e i tanti ma, è chiaro che si è di fronte a un’occasione straordinaria. “ Bisogna scongiurare il rischio di farne una questione prettamente femminile, qui il problema è il rapporto uomo-donna. E, pur essendo consapevoli che sarà doloroso e difficile, dovremo tenere vivo il dibattito tutte insieme, senza dimenticarci delle nostre differenze e senza silenziare le critiche.” “E’ vero, spesso ci silenziamo anche tra di noi”, le ha risposto Paola Mastrangeli. Il suo intervento, come tanti altri, è stato molto critico nei confronti dell’appello del 13 febbraio. “Se non ora quando? Ogni volta che c’è uno stupro, un omicidio.” Ha ricordato a tutte che l’anno passato le donne uccise per mano di uomo sono state 169 e a loro non si è dedicato neanche un funerale di Stato, come invece si fa per i soldati, che non sono eroi, ma lavoratori come altri.
Tra le giovani, Eleonora Forenza, giornalista di Liberazione e protagonista del movimento studentesco contro il Ddl Gelmini, ha sottolineato come il parametro per misurare la regressione che viviamo non sia tanto quello delle leggi che distruggono le conquiste fatte, ma quello del senso comune. “Abbiamo ancora tutto da dimostrare, subalterne allo sguardo maschile come metro di giudizio: di essere brave ragazze, di saper lavorare, studiare, governare”. Occorre partire proprio dal terreno del senso comune per operare grandi cambiamenti, trasformare la questione morale in critica del potere, connettere il movimento delle donne con quello operaio e studentesco, senza dimenticarne la specificità. “Piuttosto che palchi o già viste manifestazioni, per l’8 marzo di quest’anno propongo di organizzare dei flash mobs, tanti. Riprendiamoci gli spazi!”
Il dibattito avrebbe potuto continuare per giorni. E continuerà, seppur con forme diverse. Come ha scritto Emma Baeri, non potendo partecipare all’incontro, “ Ho sempre trovato insopportabile – materno irriducibile? – quel detto che dice di non dover buttare il bambino con l’acqua sporca. Ebbene, io non voglio buttare neanche l’acqua sporca, ci serve guardare nelle sue torbidezze, ci serve per capire i nostri cattivi sentimenti, per non farcene travolgere, rendendo fecondi germi, batteri e microbi: le cose vive nascono anche da qui. Perché non distinguere quindi l’irriducibile dal riducibile, la storia di ciascuna o di ciascun gruppo dalla possibilità di intrecciarne una parte con quella delle altre? Insomma, penso che se continuiamo a discutere misurando le diversità tra noi e divaricandole fino a renderle incomunicabili, perderemo di vista le ragioni politiche della nostra differenza, la sua funzione trasgressiva e ri-generatrice: dobbiamo inventarci altro.”
La discussione è intensa e vivace, in vista dell’8 marzo e non solo, e in essa è largamente egemone la consapevolezza che bisogna saper tenere vigile l’attenzione sul rischio che i tanti temi cari al movimento siano strumentalizzati dalla contingenza politica. E’ chiaro che nessuna si tira indietro di fronte alla necessità di combattere Berlusconi e i suoi modelli, ma il contributo delle donne va al di là di una battaglia elettorale.
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