Menomale che, come sovente accade, ci pensa il linguaggio calcistico a ravvivare un discorso politico altrimenti avvitato su se stesso. «Il Catania ha vinto al novantesimo», annota il sindaco Salvo Pogliese pochi minuti prima delle fatidiche ore 23.32. Il dissesto del Comune diventa realtà deliberata con il voto di un’aula impaludata fin dalle 19 in uno scambio di accuse fra fazioni in larga parte già visto. Forse la presenza del consigliere Enzo Bianco avrebbe potuto cambiare il corso di una seduta che formalità doveva essere e formalità è stata. E tuttavia, anche nella serata che chiude di fatto la telenovela default, l’ex sindaco si assenta – «senza aver dato giustificazioni», precisa il presidente del consiglio Giuseppe Castiglione – e così la difesa del centrosinistra al governo della città fino a sei mesi fa tocca ai tre superstiti Daniele Bottino, Lanfranco Zappalà e Salvo Di Salvo.
Per loro la chiave retorica, sventolata da Pogliese finanche scherzando su quanto accadeva nel frattempo al Massimino, della città capace di sapersi rialzare più forte dalle ceneri non risulta convincente. E via, allora, con le critiche sugli errori delle vecchie giunte di centrodestra e di quel vicesindaco, Roberto Bonaccorsi, che cinque anni fa aveva elaborato una cura, a loro dire sbagliata, e che oggi si ritrova a dover fare il funerale ai conti del Comune. Ma l’amministrazione mantiene la linea del «non volere dare colpe, non è questa la sede». E non cede, almeno nei discorsi di sindaco e assessore al Bilancio, alle provocazioni. Si replica, ma di fioretto, e sottolineando ancora una volta che, secondo la Corte dei conti, il punto di non ritorno verso il baratro del dissesto lo hanno segnato i bilanci dell’era Bianco.
Con analogo low profile, la maggioranza assiste alla caduta del numero legale sull’adozione del bilancio consolidato 2017. È forse quello il momento in cui le opposizioni riescono a piazzare il colpo di maggior rilievo politico. Il Movimento 5 stelle e i due gruppi di centrosinistra escono dall’aula e si materializza così il peso delle assenze fra i consiglieri del centrodestra. Bottino attacca sul punto: «Sono scandalose». L’ex Grande Catania Andrea Barresi gli ricorda senza troppi giri che è invece l’assenza di Bianco a fare molto più rumore: «Forse l’ex sindaco sarà a Bruxelles per chissà quale problema di natura planetaria». Sta di fatto, per altro verso, che alcune di queste assenze sono già da qualche settimana costanti, come Alessandro Messina di Diventerà bellissima, Salvo Peci del gruppo misto e Bartolomeo Curia del gruppo Pogliese sindaco. Mancheranno i loro tre «sì» e quello di Franco Saglimbene di Fratelli d’Italia anche nella votazione finale. I grillini, sulla dichiarazione di dissesto, si associano all’inevitabile alzata di mano favorevole della maggioranza – tranne l’ex candidato sindaco Giovanni Grasso, che va via – così come i sammartiniani Giuseppe Gelsomino, Francesca Ricotta e Mario Tomasello. Si astengono Bottino e Zappalà, mentre Di Salvo sparisce dall’aula. Senza l’ok sarebbe scattato il commissariamento del consiglio.
Lo scambio di accuse destra-sinistra – con i 5 stelle a tirarsene fuori – aveva in precedenza coinvolto le presunte responsabilità sul dissesto dei governi nazionale e regionale. «A Roma hanno avuto un atteggiamento schifoso», dice il dem Gelsomino sull’alleanza giallo-verde che stavolta non ha sganciato nessun aiuto in extremis per Catania. Lidia Adorno del M5s e Luca Sangiorgio, fedelissimo di Pogliese, difendono il governo pur con sfumature assai diverse. A prendere la parte del governatore Nello Musumeci ci pensa poi Manfredi Zammataro. Nel frattempo, a Palermo, l’Ars approvava la norma sugli otto milioni da destinare subito a Catania per pagare gli stipendi. I consiglieri del centrodestra, di lezioni proprio nella serata in cui si trova a votare il dissesto, non vogliono sentirne. Lo chiarisce il lombardiano Sebastiano Anastasi: «Non ho visto alcun parlamentare nazionale – i catanesi a Roma sono perlopiù del M5s, ndr – alzare un solo dito e neppure ho visto in questo Consiglio una proposta concreta per evitare il dissesto. Da soldati, invece, noi siamo qui a votare». Spirito di servizio e pragmatismo potrebbero però non bastare. Almeno a detta del capogruppo grillino Grasso, autore di un intervento che ha dribblato le polemiche partitiche: «La verità è che senza un progetto di città non andremo comunque da nessuna parte».
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