Sigilli all’impianto biologico consortile che si occupa della depurazione dei reflui dell’area industriale di Siracusa e dei Comuni di Melilli e Priolo Gargallo. Il sequestro, su mandato della procura aretusea, è stato eseguito dagli agenzi della polizia giudiziaria e da quelli del nucleo economico finanziario della guardia di finanza. La struttura, che si trova in contrada Vecchie Saline nell’area di Priolo, si estende su una superfice di quasi 18 ettari. A gestire l’impianto è la società per azioni Industria acqua siracusana che ha al suo interno, come azionisti, il consorzio Asi di Siracusa, i Comuni di Melilli e Priolo, e le società Sonatrach Raffineria Italiana, Isab, Sasol Italy, Versalis e IAS.
Attraverso un collettore lungo 24 chilometri, suddiviso in due tratte – nord e sud –, l’impianto si occupa di depurare le acque reflue che poi vengono immesse a largo della penisola di Magnisi mediante una condotta sottomarina lunga quasi due chilometri, dotata di un diffusore terminale posto a una profondità di 35 metri. Alla Ias, e alle società del pacchetto azionario, viene «addebitato il delitto di disastro ambientale aggravato in relazione
all’inquinamento atmosferico e marino, tuttora in corso di consumazione». La procura, guidata dalla magistrata Sabrina Gambino, punta il dito contro «l’enorme quantità di sostanze nocive abusivamente immesse in mare e in
atmosfera, dalla loro tossicità e nocività per la salute dell’ambiente e degli
uomini, dalla durata dell’abusiva emissione e dal numero di persone
potenzialmente interessate dalla loro diffusione». L’impianto sequestrato viene indicato come totalmente inadeguato allo smaltimento dei reflui industriali immessi dalla società coinvolte. Il depuratore dovrà continuare a operare per il trattamento dei reflui domestici, da chiarire, invece, il destino per le società dell’area industriale. Le stesse che, prima dell’immissione nel collettore consortile, sono chiamate a effettuare dei pretrattamenti.
Il provvedimento avrà ripercussioni di natura economica e sociale in un sistema su cui già pesa il macigno delle sanzioni dell’Unione europea al petrolio russo trattato dalla multinazionale Lukoil, «si è reso indispensabile per impedire che il
depuratore continuasse ad operare sulla base degli attuali titoli autorizzatori – scrive la procura in una nota – che sono stati ritenuti non conformi a legge, non più efficaci da oltre un
decennio e comunque solo parzialmente rispettati». Stando alle stime degli inquirenti negli anni sarebbe avvenuta l’immissione non consentita in atmosfera di circa 77 tonnellate all’anno di
sostanze nocive – fra cui alcune sostanze cancerogene come il benzene – e di oltre
2500 tonnellate di idrocarburi in mare negli anni fra il 2016 ed il 2020.
Adesso a occuparsi dell’impianto sarà un amministratore giudiziario nominato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa. Cosa succederà invece all’are industriale? Premettendo che le aziende hanno una capacità di accumulo interna dei reflui per fronteggiare le emergenze verrà garantita «la prosecuzione del servizio di depurazione – scrive la procura – anche nell’ottica di salvaguardare le esigenze occupazionali».
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