«A tutte le parole dette sui disabili in Sicilia vogliamo contrapporre il silenzio». È il motto della marcia della dignità, dalla Cattedrale a Piazza Indipendenza, che ha visto questa mattina in prima fila centinaia di persone con handicap, familiari e amici, semplici cittadini sensibili al tema che negli ultimi mesi, dopo la vicenda dei fratelli Pellegrino, ha catalizzato le attenzioni dell’opinione pubblica. Un proposito, quello del silenzio, rotto solamente dalle testimonianze e dalla solidarietà dei tanti scesi in piazza con loro: dall’arcivescovo Corrado Lorefice al regista e attore Pif, dai candidati a sindaco (praticamente tutti presenti) all’imam Mustafà.
«Finora abbiamo visto solo parole su parole – ha detto Giovanni Cupidi, tra i disabili più attivi e con un’instancabile attività social – che prima si sono concretizzate nell’invito a quella cabina di regia da parte della Regione che si è dimostrata solo una perdita di tempo. Io me ne sono andato sbattendo la porta, con tutta la forza che ho potuto. Siamo stati due volte in commissione (sanità e bilancio … ndr) e abbiamo anche indicato dove trovare i fondi per garantire l’assistenza. Ma – ha continuato Cupidi – siamo stati accusati di essere demagoghi. Noi sappiamo che i disabili gravissimi rimangono urgenti, ma le nostre proposte riguardano tutta la disabilità». Lo spazio per gli slogan è esiguo, declinato esclusivamente nei numerosi cartelli.
«Una città cresce se percorre la via del dialogo – ha detto l’arcivescovo Corrado Lorefice -. Nessuno deve strumentalizzare questo momento. Ve lo dico con le parole di Lorenzo Milani: nessuno si deve fare strada con i poveri, ma dobbiamo fare strada ai poveri. La fragilità è potenza, potenza di riscatto. Tanti sono a casa perché non possono essere presenti». Un invito accolto anche dal rappresentante della comunità islamica: «Oggi è un momento molto importante anche per noi. Siamo noi i disabili e non loro. Noi speriamo che la questione, che poi è la questione della dignità, non si fermi oggi. Palermo è una città bellissima che amiamo, serve la partecipazione di tutti». Mentre Pif, che ha seguito tutto il corteo, ha puntato il dito sulle prossime scadenze elettorali: «Quando andate a votare pensate: ma loro cosa hanno fatto per la vicenda disabili? Perché a questo punto ci rivolgiamo agli elettori, non ai politici perché a loro non gliene ne frega niente, altrimenti non saremmo qui».
All’arrivo a piazza Indipendenza il comitato #SiamoHandicappatiNoCretini rende nota una lettera scritta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In cui si chiede di inviare «al Parlamento un messaggio presidenziale», anche perché «la nostra è una condizione di carcerati domiciliari di fatto, a cui un sistema di welfare assolutamente insufficiente costringe noi». E nell’attesa di una risposta da Mattarella, una risposta ha provato a darla lo stesso Crocetta. Che è sì sceso dal palazzo della Regione ma ha interloquito esclusivamente coi cronisti e con Pif, dando vita a un battibecco molto simile a quello avvenuto a due mesi prima. Poi Crocetta è tornato nelle proprie stanze, non prima di aver distribuito una manciata di fogli con le cifre che il governo regionale intende spendere sul tema dell’assistenza ai disabili.
«Parla con tutti tranne che con noi, è una vergogna» ha detto Antonio, uno dei disabili rimasti in coda ad attenderlo. Mentre i numeri diffusi dal presidente, con l’intestazione «Crocetta, la verità sui disabili», parlano di 30milioni di euro come fondi regionali anticipati rispetto alla quota nazionale e «a partire dal 2018 e per sempre» addirittura di 248milioni di euro (in cui in realtà sono comprese le somme erogate alla città metropolitane alle Asp per i servizi già previsti di trasporto e assistenza e quelli per i casi gravissimi). Il commento di Lunia Ales, disabile anche lei in prima linea in questi mesi, è caustico: «Non si tratta di fondi veri ma di previsioni di spesa. Vogliamo garanzie, certezze come gli stipendi che spettano ai politici. Finora i nostri diritti sono stati visti come merce di scambio, come una concessione».
E la storia del signor Giovanni, che ha spinto in silenzio una carrozzina vuota per tutto il tragitto, sembra confermare queste sensazioni. «Qui dovrebbe esserci mia moglie – racconta – ma da 30 anni soffre di sclerosi multipla e negli ultimi tempi è peggiorata. Io a mia volta sono invalido al 100 per cento, qualche anno fa ho scoperto di avere un tumore e mi è stato asportato un rene. A mia moglie viene versato un assegno di 790 euro, che non basta neanche per i medicinali e i pannoloni che devo comprare io, perché quelli che ci danno sono di scarsa qualità. Così come con le attrezzature, io ne ho dovute comprare di talmente costose che non le hanno manco negli ospedali».
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