Migranti, i dubbi sulle attività di soccorso in mare Frontex: «Scafisti danno telefoni con numeri Ong»

«Non siamo in mare per aiutare i trafficanti di uomini, ma per salvare vite». Dopo Sos Mediterranée, a difendere l’operato delle missioni umanitarie è Sea-Eye, organizzazione non governativa con sede in Germania. Il presidente Michael Buschheuer è stato ascoltato oggi dal comitato Schengen. Lo stesso che, nelle settimane scorse, aveva raccolto le parole del capo della procura di Catania, Carmelo Zuccaro, in merito ai dubbi sulle attività delle Ong nel Mediterraneo. Al centro dell’attenzione – va ricordato che al momento si tratta soltanto di un’indagine conoscitiva senza ipotesi di reato – ci sono le fonti di finanziamento e le modalità di soccorso dei migranti. Non si esclude, infatti, che la presenza a ridosso delle acque libiche delle imbarcazioni private possa in qualche modo favorire l’attività dei trafficanti nordafricani.

«La nostra organizzazione è finanziata esclusivamente da donazioni private – ha detto Buschheuer -. Collaboriamo con l’emergency room del centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo del corpo delle Capitanerie di porto». Parole simili a quelle pronunciate a fine marzo da Sophie Beau, la vicedirettrice di Sos Mediterranée, che con una conferenza stampa a bordo della nave Aquarius ha difeso la Ong da ogni accusa di favoreggiamento, anche soltanto indiretto, dell’immigrazione clandestina. Da parte di Sea-Eye, anche una descrizione delle attività in mare aperto. «Stiamo a 30-36 miglia di distanza dalle coste libiche, ma se ci sono persone in pericolo di vita può anche arrivare, in casi estremi, fino a 13 miglia, solo in accordo col coordinamento del soccorso marittimo. In caso di imbarcazioni che stanno affondando abbiamo oltrepassato questo limite», ha aggiunto Buschheuer. 

Il presidente della Ong ha poi spiegato di «non aver fatto alcun trasporto di persone verso l’Italia o altri porti» in quanto «non siamo attrezzati a portare gente per 30  ore di navigazione verso le coste». Sea-eye si limiterebbe ad assistere le persone sulle imbarcazione dove viaggiano o al massimo «se necessario facciamo delle isole flottanti». Chiarezza anche sull’origine delle richieste di aiuto: «Per il 50 per cento ci arrivano dal centro nazionale di Roma, per l’altro 50 per cento sono altri soggetti, navi civili, militari, eccetera», ha spiegato Buschheuer. Che poi ha escluso di aver avuto richieste di chiarimenti da parte delle autorità. L’imbarcazione di Sea-eye, nelle scorse settimane, è rimasta attraccata per diverso tempo nel porto di Licata. Dove l’equipaggio è stato accolto in maniera calorosa dalla popolazione locale, ricambiando l’ospitalità con una serie di iniziative per presentare le attività dell’organizzazione. 

Nel frattempo, però, a far discutere è la dichiarazione del direttore esecutivo dell’operazione Frontex Fabrice Leggeri. «In alcuni casi gli scafisti danno telefoni ai migranti con i numeri delle Ong – ha detto in videoconferenza alla commissione Difesa -. Abbiamo testimonianze che uomini libici in uniforme, non la guardia costiera che addestriamo noi, ma uomini che controllano una parte del territorio libico a ovest di Tripoli, sono in contatto con le Ong». Secondo Leggeri, che non ha saputo citare i nomi delle Ong in questione, «ci sarebbe una sorta di ricatto esercitato da uomini in uniforme della Libia occidentale che avrebbero minacciato di morte donne e bambini». 

Simone Olivelli

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