Certe volte, in Italia, lo Stato – o quello che definiamo tale – manifesta pretese assurde. Come quella di bandire un concorso pubblico senza dare la possibilità alla politica di gestirlo. E di far vincere gli ‘amici’. Tutto questo avviene addirittura in Sicilia dove, grazie a una moderna e dinamica interpretazione dell’Autonomia, si bandiscono concorsi per precari… Cioè per dare il ‘posto fisso’ a chi è entrato nella pubblica amministrazione senza concorso, ma limitandosi a votare il politico che gli ha fatto vincere il ‘concorso per precario’ in attesa che lo stesso politico lo ‘stabilizzi’…
Ma ci rendiamo conto della pretesa folle del cosiddetto Stato di diritto? Impedire alla politica siciliana – e per giunta a Catania – di decidere chi deve vincere o meno un concorso pubblico! Ma allora che ci sta a fare in Sicilia la politica se non decide, arbitrariamente, chi deve lavorare e chi no nella pubblica amministrazione?
Vogliamo veramente lasciare una regione importante come la Sicilia nelle mani della meritocrazia? Vogliamo veramente fare andare avanti i migliori? Ma siamo tutti impazziti?
E’ come se, a un certo punto, i bandi per le forniture della sanità fossero affidati al libero mercato. Ma avete idea di che cosa succederebbe? O come se i fondi per ‘rilanciare’ l’agricoltura venissero erogati agli agricoltori… E’ come se un improbabile vincitore di un bando pubblico, non controllato alla ‘fonte’ (non vi stupite: è raro, ma può accadere), prendesse il lavoro senza che nessuno gli abbia chiesto prima: ma tu a chi appartieni? Oppure, meglio ancora: hai vinto? Sulla carta. Perché prima di affidarti il lavoro dobbiamo capire con chi stai…
Insomma, è come se la spesa pubblica, in Sicilia, venisse utilizzata per fornire servizi ai cittadini, a prescindere dall’appartenenza a questa o a quella parte politica.
Certo che certe volte si hanno certe pretese…
Foto tratta da trendyvino.com
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