«Non conosco nel dettaglio la vicenda perché tutto è nelle mani di Acoset, la società che gestisce il servizio di approvvigionamento idrico in città e quindi anche il depuratore. Da un colloquio con Giuseppe Rizzo, presidente dell’azienda, ho avuto conferma della volontà da parte loro di presentare ricorso contro la decisione della procura». A parlare a MeridioNews è il sindaco di Santa Maria di Licodia Salvatore Mastroianni che, dopo aver appreso la notizia del sequestro dell’impianto di depurazione, ha spiegato il punto di vista dell’amministrazione. «La struttura è stata realizzata nel 1978 – continua il primo cittadino – in base a parametri differenti da quelli indicati nella normativa approvata nel 1980. Dove invece i livelli di inquinamento previsti sono molto più ristretti».
Cambiata la legge però, nonostante le prescrizioni previste, l’impianto non è stato potenziato e ha continuato a lavorare con la capacità del passato. «La nostra amministrazione, in questi anni, ha cercato dei fondi per adeguare la struttura, ma non abbiamo ottenuto nulla; i finanziamenti comunali, tuttavia, sono sempre stati molti ristretti. Di recente attraverso il Patto per il sud è stato presentato un progetto da un milione di euro che prevede l’ampliamento e l’adeguamento del depuratore». Intanto, però, dopo una denuncia presentata da alcuni privati nel 2009, si è arrivati al procedimento imposto dall’autorità giudiziaria che adesso controllerà il depuratore. Attraverso la custodia di Roberto Grimaldi, direttore dell’Arpa di Catania, l’ente che in questo periodo si è occupato di effettuare i primi controlli delle acque.
«Noi abbiamo eseguito per conto dell‘autorità giudiziaria tutte le attività di tecniche di campo – spiega Grimaldi – prelevando alcuni campioni. Gli esiti delle nostre analisi ci hanno convito a segnalare alcune ipotesi di reato, andando quindi oltre la normale contestazione dei limiti di legge». Come spiega il direttore, l’ormai «consueto superamento di un valore limite di legge» dà luogo a una segnalazione che porta solitamente a una sanzione amministrativa. In questo caso però i diversi controlli effettuati «ci hanno convinto ad andare oltre, chiedendo l’intervento degli organi di polizia giudiziaria e, nello specifico, del corpo forestale dello Stato».
L’impianto, che scarica i reflui nel vallone Solpa Maneri, non ha avuto però un «trattamento particolare», diverso da altri impianti. «Questo genere di attività di controllo nascono come routinarie – conclude – a meno che non ci sia un input esterno come a volte accade, che fanno parte di una programmazione annuale.Tutti gli impianti di depurazione attivi sono periodicamente sottoposti a una verifica delle sostanze presenti negli scarichi». Anche se sequestrata, la struttura continuerà a funzionare provando a ottimizzare le performance con i mezzi a disposizione della proprietà. Sarà infatti il Comune l’ente che dovrà impegnarsi nelle attività di ammodernamento, per la quale il Roberto Grimaldi prevede però «lo stanziamento di risorse economiche non indifferenti».
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