Dente, ironica malinconia

La pioggia battente non ha fermato la voglia di musica che ha accompagnato il secondo appuntamento musicale della Festa Democratica di Catania. La manifestazione, che negli anni ha preso il posto della più longeva “Festa dell’Unità” e che si protrarrà dal 7 al 17 ottobre, ha portato sul palco del Parco Gioeni lo scorso venerdì i Locomotif (vincitori del Premio della Critica MEI 2010) e Giuseppe Peveri in arte Dente, nuovo fenomeno musicale della scena italiana.

L’artista emiliano, giunto al terzo album e a collaborazioni con musicisti del calibro di Le luci della centrale elettrica e Il Genio, è stato molto più fortunato dei suoi colleghi che lo hanno preceduto, i quali hanno dovuto suonare di fronte ad un pubblico coperto da ombrelli o accampato sotto alberi e capannoni. Come per magia, subito dopo la conclusione del concerto dei Locomotif, la pioggia ha smesso di cadere e così il concerto di Dente è stato, come ci si aspettava, molto seguito.

La chitarra di Dente comincia a suonare “Sempre uguali a mai”, tratto dal suo ultimo album “L’amore non è bello” (vincitore Premio PIMI 2009 come miglior album), e il concerto inizia delicatamente, come è lo stile del cantautore. Le sonorità che si avvicendano durante l’ora e mezza di concerto nelle varie canzoni, come quando interpreta “Le cose che contano” e “Buon appetito”, mostrano la vena intimista di Dente, che canta in una maniera che strizza l’occhio alla grande tradizione italiana come quella di Lucio Battisti e Guccini, ma che risente molto dell’ironia (sebbene non urlata) di un Rino Gaetano, mentre musicalmente trova la sua congenialità nell’atmosfera tipicamente indie-pop, sottolineata dal rapporto quasi “morboso” tra il cantante e la chitarra, che non viene mai abbandonata dalle mani.

Il cantautore emiliano, nonostante l’aurea di “distaccato” che sembra darsi da solo durante i piccoli intermezzi tra una canzone e l’altra, riesce comunque a comunicare attraverso semplici parole sentimenti alternanti di malinconia ed ironia, che lui stesso definisce per certi versi autobiografica, il tutto seguito dall’ottimo accompagnamento musicale della sua band composta da amici di vecchia data: Signor Solo alle tastiere, Gianluca Gambini alle percussioni e Nicola Faimali (già cantante dei Flyindolly) al basso.

Dente continua a incantare il pubblico passando in rassegna i suoi album, e propone anche un brano che definisce “inedito”, vale a dire “La bambola”, cover del successo datato 1968 di Patty Pravo. Il concerto va verso la conclusione con quelle che sono le canzoni più conosciute di Dente, quali “Vieni a vivere”, “Baby Building” e “Beato me”, quest’ultimo inserito nell’album-raccolta curata dagli Afterhours “Il paese è reale (19 artisti per un paese migliore?)” del 2009, per poi volgersi al termine con la canzone “La cena d’addio”, che racchiude in sé lo stile scanzonato e spensierato di Dente, il quale resta però sempre attaccato a quella vocazione verso il romanticismo e la vita di tutti i giorni, raccontata con uno stile che tende alla poesia.

Giovanni Fazio

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