Delitto Loris, per la madre «un brutto sogno» «Da luglio ho preso coscienza dei fatti»

«È stato un brutto sogno che avevo fatto». Così Veronica Panarello, accusata di aver ucciso il figlio Loris un anno fa a Santa Croce Camerina, prova a spiegare agli investigatori perché ha cambiato idea su cosa successe il 29 novembre di un anno fa. A riportare il contenuto delle dicharazioni rese ai pubblici ministeri è l’Ansa. La donna avrebbe raccontato «ciò che ho sempre ritenuto fosse accaduto». Per mesi infatti ha giurato di aver lasciato il piccolo di otto anni a scuola. Adesso afferma, invece, di «aver preso coscienza dei fatti sin dallo scorso mese di luglio». E da quel momento avrebbe «patito un peso enorme di cui volevo assolutamente liberarmi». 

Nella nuova versione dei fatti, la madre racconta di come Loris sarebbe morto in casa per un incidente mentre giocava con le fascette. «Era in piedi, con il busto reclinato in avanti e la mani poggiate sul petto, ho pensato che avesse difficoltà a respirare per avere ingerito qualcosa che gli era andato di traverso», avrebbe raccontato Panarello che avrebbe provato a soccorrerlo «battendogli gli schiena e cercando di mettergli una mano in bocca», ma «era serrata». Il bambino «violaceo in viso, si accascia in posizione supina, il collo era cinto da una fascetta, le stesse che aveva ai polsi», con cui avrebbe giocato «la sera prima». La madre afferma di aver provato, «anche con le unghie» a strappare la fascetta, senza riuscirci. E che infine l’avrebbe tagliata «con la forbice arancione». «Ho poggiato la mia guancia sulla sua bocca – avrebbe aggiunto ai pm – per potere udire il suo respiro, ma non sentivo nulla». Non avrebbe chiamato aiuto col cellulare perché «bloccata». «Ho pensato che non avrei saputo come giustificare quanto accaduto». 

Quindi la donna avrebbe portato il corpo nel canalone in contrada Mulino Vecchio, presa dal panico e dalla paura che nessuno credesse a questa ricostruzione. Quindi avrebbe gettato lo zainetto nella strada che collega Santa Croce Camerina a Donnafugata, dove proprio in questi giorni gli investigatori hanno ripreso a cercarlo. Infine sarebbe andata al corso di cucina a Donnafugata, per poi tornare a Santa Croce Camerina. Qui, secondo quanto raccontato dalla stessa donna ai pm, «in totale stato di confusione sono scesa dall’auto nella convinzione di prendere il bambino». Nel verbale dello scorso 13 novembre Panarello afferma di aver incominciato proprio al corso di cucina «a rimuovere il ricordo di ciò che avevo fatto, rappresentandomi in realtà che avevo lasciato Loris a scuola». 

Anche ieri, partecipando ai sopralluoghi che stanno portando avanti le forze dell’ordine, la donna avrebbe aggiunto ulteriori informazioni a quelle dei giorni scorsi. «Importanti elementi – le definiscono il procuratore Carmelo Petralia e il sostituto Marco Rota, che coordinano le indagini – rispetto alle dichiarazioni già rese in sede di interrogatorio del 13 novembre scorso», quindi è stato «ritenuto opportuno ascoltare nuovamente l’indagata che ha fornito una diversa versione. Le dichiarazioni rese – aggiungono i magistrati – sono al vaglio di questa Procura che le sta valutando unitamente agli investigatori della polizia di Stato e dei carabinieri». Le dichiarazioni arrivano a ridosso dell’udienza preliminare in cui si deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio della donna. Si sarebbe dovuta tenere oggi ma – a causa di un legittimo impedimento di Francesco Villardita, legale dell’imputata – è stata spostata a domani alle 10.30. Il marito e il suocero di Veronica Panarello, Davide e Andrea Stival, assistiti rispettivamente dagli avvocati Daniele Scrofani e Francesco Biazzo, chiederanno al gup di Ragusa di potersi costituire parte civile.

Il legale del padre del bambino ucciso è intervenuto a proposito delle ultime novità: «Durante un colloquio con Davide Stival, sollecitata dal marito, Veronica Panarello aveva escluso che il bambino potesse essere rimasto vittima di un incidente, adesso torna indietro, e non è facilissimo credere a questa versione». Tuttavia, ha aggiunto: «Davide è stanco, ma ansioso di affrontare il processo, per capire come andrà a finire questa vicenda. È pronto a qualunque verità, purché si arrivi a un accertamento pieno. E grazie al lavoro, che non si è mai fermato, della Procura e di polizia di Stato e carabinieri ci stiamo arrivando, poco a poco. Lui sta affrontando la vita cercando la normalità, andando a lavorare e domani dovrebbe essere in aula». 

Redazione

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