Lasciateci osare: se c’è un romanzo capace di raccontare profondamente una generazione inafferrabile qual è la nostra, questo romanzo è senz’altro Emmaus. Dello scarabocchio arruffato di questa adolescenza inquieta in tempi bigi poiché noiosi e violenti a volte, Baricco sembra aver saputo cogliere ed armonizzato in un preciso disegno i tratti più audaci.
Si narra di quattro amici e di una vita sola in fondo; si narra di Andre angelica creatura peccaminosa e degli altri che sono diversi, ma non poi così tanto. Sono tenere esistenze che si sovrappongono e si completano le une con le altre in un prospetto di infallibile geometria umana.
L’anonimo io narrante, Luca, Bobby ed Il Santo: questi i protagonisti criptici in una storia che non può sorprendere più di quanto in sé non riesca a farlo l’ambiguo trascorso di un qualsiasi adolescente. «Abbiamo tutti sedici, diciassette anni – ma senza saperlo veramente, è l’unica età che possiamo immaginare: a stento sappiamo il passato».
Sono ragazzi che vivono per l’edificazione di un Regno che non è di questo mondo, vivono «nell’eroismo di una qualche verità», eppure vivono; sono giovani che periscono nel crollo dello stesso Regno e nella fede che per qualcuno di loro è stata inganno.
Baricco questa volta mette di mezzo Dio, l’Onnipotente che sa farsi sconfiggere dall’uomo e che da questo è abbandonato perché poco seducente, perché inopportuno in questa parte di mondo ove sembra oramai rivendicarsi la sacralità del peccato, che a sua volta denuda il peccato e lo rende vano. Così c’è Dio ed il sesso, Dio e la droga, Dio e l’alcol, nella dialettica bene-male di cui è saturo il pantano nichilista della nostra generazione.
Sin dal titolo del romanzo d’altronde si recupera la componente filosofica ma soprattutto religiosa che emerge nelle pagine di questo libro. Emmaus, come il paese che fa da scenario ad un episodio biblico che diventa metafora portante dell’intera narrazione.
È un libro che conserva intatte tutte le attitudine nonché i vezzi di una scrittura che è un unicum prezioso nel panorama letterario italiano; è però altrettanto vero che con Emmaus lo stesso Baricco ha saputo coraggiosamente proporre ai lettori talune devianze rispetto a capolavori, perché tali sono, del calibro di “Oceano Mare” o di “Seta”. Rispetto al primo, ad esempio, lo stile è certo meno audace pur riflettendo comunque la vocazione poetica di una prosa libera; del secondo invece non ha l’agile lentezza che cadenza quella straordinaria storia d’amore.
Elementi questi che avevano sinora contraddistinto le opere di un Baricco, che in Emmaus ritrova il gusto di una narrazione esplicita e pragmatica se pur ancora ornata da quelle straordinarie immagini a cui ci ha da tempo abituato.
Il singolare pragmatismo stilistico dell’autore appare irrinunciabile nella narrazione di una storia tremendamente reale, priva com’è di una qualsiasi componente fantastica e di quel surrealismo in cui Baricco è solito avvolgere le proprie righe.
Si rimane comunque ancora una volta affascinati dall’eleganza dirompente di una scrittura capace di sorprendere ad ogni descrizione: il tratto è leggiadro tanto nell’esprimere Dio quanto nel tradurre un amplesso.
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