Dal Sud a Roma: impossibile in meno di tre ore Accessibilità al trasporto, un’Italia spaccata in due

Un’Italia verde, un’Italia rossa. La prima, la metà settentrionale è quella che in meno di tre ore riesce a raggiungere Roma, Milano, Torino. La seconda, quella meridionale, a cui non bastano 180 minuti non solo per arrivare alla capitale, ma anche alle prinicipali città all’interno dei suoi confini, cioè Napoli, Palermo, Bari e Reggio Calabria. Se da Torino a Roma ogni giorno sono disponibili 29 corse ferroviarie, dalla capitale a Reggio Calabria ce n’è solo una. Lo Stivale spaccato in due emerge ancora una volta nelle analisi degli specialisti di cui oggi si discute all’università Federico II di Napoli, in un incontro organizzato dall’ateneo partenopeo e dalla Società italiana di politica di trasporti, alla presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. I numeri sull’abissale differenza tra Nord e Sud in merito all’accessibilità al trasporto per persone e merci li fornisce la relazione di Francesco Russo, docente all’Università mediterranea di Reggio Calabria. 

«Sono stato costretto a partire ieri sera da Catania e fermarmi una notte a Napoli per essere presente al congresso, il mio collega di Bologna è arrivato tranquillamente in treno partendo stamattina», sottolinea il professore di Trasporti. Un dato di fatto che in sintesi racchiude le cifre e le considerazioni che il docente illustrerà. «Partiamo da un dato: considerando treno e aereo, da quasi tutte le Regioni del Nord si raggiunge Roma in tre ore, da Sud questo è possibile solo dalla Campania». 

Il discorso non cambia se si prende in considerazione la mobilità interna alle due macro aree italiane. Se un residente al Nord vuole raggiungere Venezia in treno lo può fare in meno di tre ore (ad eccezione delle regioni più a Ovest come Valle d’Aosta, Liguria e Piemonte). Ancora meglio se la meta è Bologna, collegata in meno di 180 minuti a tutte le città settentrionali, ad eccezione di Aosta. Dall’altra parte se un cittadino che risiede a Sud intende arrivare a Bari o anche a Reggio Calabria, non può farlo in meno di tre ore. Anche per un siciliano, in media, raggiungere la città oltre lo Stretto significa intraprendere un viaggio lungo più di 180 minuti. Identica situazione per arrivare a Palermo da qualunque altra regione d’Italia. Mentre solo chi abita in Basilicata e in Molise ce la fa ad arrivare a Napoli in meno di tre ore.

Aggiungere come variabile gli spostamenti in aereo migliora molto timidamente la situazione. «Abbiamo considerato la possibilità di partire prima delle 9 di mattina e tornare dopo le 18 a Palermo e Napoli da una qualunque regione del Sud – spiega Russo – questo è possibile solo tra i due capoluoghi, per il resto del Meridione non esistono collegamenti diretti alle due principali città in quella fascia oraria, la più usata per chi deve andare e tornare in giornata».

Anche nel panorama internazionale, l’analisi mostra come Milano e Roma siano collegate a quasi tutti i paesi dell’Africa settentrionale e del medioriente. Mentre dalla capitale in giù, l’unico volo diretto per le stese zone è quello con la Turchia. «Eppure – spiega Russo – quello rappresenta uno dei mercati con cui il Meridione intrattiene più scambi commerciali e che ha grandi margini di crescita».

C’è infine il mito dell’alta velocità (Freccia Rossa e Argento) che arriva fino a Reggio Calabria e Bari. Vero è che la linea raggiunge le due città del Sud. Ma solo una corsa al giorno è disponibile da Roma a Reggio, due per il capoluogo pugliese. A fronte di 29 corse che arrivano a Torino, ad esempio. «Così la gente come potrebbe organizzare uno spostamento in treno? – sottolinea il docente – Le Ferrovie si difendono con la barzeletta che a Sud manca la domanda, quella che è assente invece è l’offerta».

Le soluzioni non mancherebbero. «Qui non stiamo parlando di infrastrutture, per cui servono grandi investimenti e lunghi tempi – continua Russo – ma di servizi, che possono cambiare nell’immediato. Ma a svegliarsi deve essere la politica del Mezzogiorno, invece dal governo regionale della Sicilia o della Campania non arriva nessuna proposta. Sono loro gli enti preposti – conclude il professore – non basta lasciare l’iniziativa alla buona volontà di singoli docenti».

Salvo Catalano

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