Da Trapani agli Usa, premiato il filmaker Brigiano Storia di fantascienza vicino al Muos di Niscemi

Quattro minuti di intense emozioni virtualmente ambientate in una grande città americana. È il tema del corto ispirazionale dal titolo Take my hand, del filmaker trapanese Francesco Siro Brigiano che si è aggiudicato la vittoria del Los Angeles LA Film Awards, nella categoria Best Inspirational e del festival internazionale Festigious, sempre a Los Angeles, nella sezione Inspirational. Un racconto astratto e autobiografico con un linguaggio visionario, personale e poetico, costato due anni di lavoro. «C’è tanta soddisfazione per questo riconoscimento – racconta Brigiano a Meridionews – perché dietro un video di pochi minuti c’è moltissimo impegno». 

Filmaker da più di dieci anni, dopo aver collaborato come editor e operatore video per alcune emittenti televisive siciliane e studi privati, il regista trapanese si è dedicato allo studio della motion graphic e della post-produzione. «Ho iniziato a girare alcuni cortometraggi per gioco con gli amici – prosegue Brigiano -. In passato ho partecipato a qualche concorso italiano, inviando cortometraggi di animazione, ottenendo buoni risultati». Le vittorie al Festival Internazionale di Imperia, del cinema breve a Roma e al Marsalafilmfestival rimangono nel palmares del filmaker siciliano prima dei prestigiosi riconoscimenti ottenuti oltreoceano. Lo scorso anno il premio come migliore corto al Trailer Fest Film Festival, nella sezione Sci-fi, all’università del cinema dell’Indiana, con il documentario Electròma. Successo bissato al Cinema Worldfest Awards 2016, a Ottawa, in Canada, e confermato al Gold Best Trailer International Independent Film Awards, a Encino, in California

«Electròma, un termine che ho coniato per mettere insieme le parole elettromagnetismo, automa e trauma, si concentra sulla realtà del Muos di Niscemi per creare una vera e propria storia di fantascienza di un futuro prossimo – spiega Brigiano -. Il video si immerge nella realtà dei No Muos per andare a raccontare una sorta di sabotaggio di questa antenna gigante voluta dagli americani. È un prodotto di intrattenimento che però invita a riflettere su alcuni problemi reali della nostra terra. Una sorta di finto documentario che ha un’impronta di verosimiglianza». 

«Con Electròma la mia idea di partenza era quella di mostrare una Sicilia che non si fermasse solo al mare e alle spiagge bellissime o come luogo di mafia, ma presentare un’altra immagine dell’isola, con i suoi problemi veri». Un compito, secondo il regista, difficile da realizzare nella sua terra natia. «Vorrei ultimare Electròma, racimolando altri soldi, perché credo molto nella sceneggiatura di questo lavoro. Purtroppo – aggiunge Brigiano – i finanziamenti in questo settore non sono ben distribuiti. Dal mio punto di vista servirebbero più investimenti nel cinema sperimentale e verso i giovani registi. E soprattutto – conclude – è necessario creare una condizione realmente meritocratica perché i giovani siciliani hanno vita dura e quando ottengono qualche risultato positivo in Italia vuol dire che nei loro progetti ci hanno messo il cuore».

Dalla realtà siciliana con Take my hand il regista trapanese sposta l’obiettivo della sua telecamera sulle immense città americane. Una serie di immagini, sospese tra riferimenti autobiografici e fantascienza, dove la solitudine e la riflessione si amplificano creando un’eco negli spazi smisurati. «Non ho scelto di ambientare il mio corto in una grande città americana per osannare il cinema statunitense – aggiunge Brigiano -, ma per dare la sensazione allo spettatore di amplificare l’eco, non solo della musica, ma anche delle emozioni che suscita il video. Più un luogo è grande e più si amplifica la solitudine». Impressioni nate all’improvviso nella mente del regista, raccontate con diversi livelli linguistici e senza definire con precisione i contorni della storia. «Ognuno vedrà una sfumatura diversa del video, condizionato dalle proprie esperienze personali e dal proprio carico emotivo – aggiunge Brigiano -. Per me questo corto rappresenta un momento di interiorizzazione. Un’emozione che spero possa raggiungere gli spettatori e invitarli alla riflessione». 

Salvo Caniglia

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