Da Prefettura verifiche su associazioni antiracket «Rimettere ordine in un mondo ormai impazzito»

«Una norma, quella che risale al dicembre del 2015 e applicata dal prefetto, fortemente voluta dalla nostra associazione, perché serve a rimettere ordine in questo mondo di associazioni oramai impazzito». Parla così l’avvocato Fausto Amato, dopo che Sos Impresa Palermo, la più antica associazione antiracket della città, è finita nel vortice delle verifiche volute dal nuovo commissario nazionale antiracket Domenico Cuttaia. La notizia, apparsa ieri e oggi sul quotidiano La Repubblica negli articoli a firma del giornalista Salvo Palazzolo, riguarda anche altre quattro associazioni, cancellate dalla lista prefettizia per inattività. Sono l’associazione monrealese Liberi di lavorare, che solo un mese fa aveva rinnovato i propri vertici, eleggendo come nuovo presidente Biagio Cigno, candidato come giudice popolare del maxi processo. E ancora il Coordinamento delle vittime dell’estorsione, dell’usura e della mafia, nato nel 2005 e composto da commercianti, imprenditori e artigiani che hanno subito danni di natura patrimoniale o morale a causa di criminali semplici o mafiosi, che elabora strategie di difesa e di contrasto all’usura e alle estorsioni.

La lista si allunga con l’associazione Co.di.ci., centro per i diritti del cittadino, nata nel ’93 come coordinamento di associazioni e trasformata cinque anni dopo in associazione vera e propria schierata contro ogni tipo di violazione a danno dei diritti della persona. E infine con l’A.T.I. – Associazione antiracket Termini Imerese: «Se un’associazione per due anni consecutivi non si costituisce parte civile in nessun processo, allora va cancellata. Una cosa senza senso, perché il fatto di essere iscritti all’elenco di associazioni antiracket ti agevola solo nel chiedere i contributi alla Regione, cosa che in effetti noi non abbiamo fatto mai, quindi non è che ci scandalizziamo più di tanto. Semmai è a monte che la norma che va cambiata», commenta Paolo Balsamo, presidente di Ati. «Se uno si impegna gratis cercando di sensibilizzare le persone del territorio e tu al posto di premiarmi mi levi qualcosa, anche se irrilevante, va a finire che uno pensa “ma fatele voi allora le antimafie e buonanotte”. D’altronde, le norme dicono questo e così si deve fare, va bene».

«Questo non ci limita nel proseguire nei nostri programmi – torna a dire Balsamo – Noi continueremo ugualmente la nostra attività a Termini Imerese e dintorni. Ma devo essere franco, non è una zona che soffre di particolari attacchi di tipo mafioso-estorsivo come magari in altri luoghi. Qui c’è ben poco. C’è stata una grande vicenda nel ’95, ma ancora i protagonisti sono tutti dentro, da allora in poi non è successo nulla di particolare», conclude. Prima di queste cinque, a essere coinvolte sono state anche, sempre secondo quanto riportato da Repubblica, le associazioni LiberoJato e Libero Futuro – Associazione antiracket Libero Grassi Bagheria Valle Eleuterio: la prima sarebbe stata cancellata dal registro della Prefettura, mentre la seconda non sarebbe neanche stata ammessa. Il motivo? Possibili infiltrazioni mafiose. Un’accusa non da poco. «Adesso sono previsti come requisiti contestualmente presenti per ciascuna associazione non solo la costituzione di parte civile nei processi, ma anche costanti rapporti con le forze dell’ordine e attività di promozione e sensibilizzazione nelle scuole», torna a dire l’avvocato Amato, membro della giunta nazionale di Sos Impresa.

Rispetto al provvedimento di cancellazione dalla lista delle associazioni antiracket a firma della prefetta Antonella De Miro, pare che Sos Impresa Palermo non abbia i due requisiti della presenza nelle scuole e dei costanti rapporti con le forze di polizia. «Ci sono stati anche dei problemi di notifica in questo provvedimento, arrivato solo cinque giorni fa, e c’è da parte dell’associazione la volontà di rappresentare al prefetto dei fatti diversi rispetto a quelli che sono stati messi in evidenza nel provvedimento stesso – prosegue l’avvocato Amato – Vogliamo dimostrare che in realtà sussistono sia i rapporti con le scuole che con le autorità. Faremo quindi una relazione in cui dimostreremo tutto quello che non abbiamo avuto modo di dimostrare prima». A complicare soprattutto le comunicazioni fra prefettura e associazione, sarebbe stato anche il recente cambio di sede, che «non ha permesso di avere contezza dell’apertura di questo provvedimento. Non c’è stata la possibilità di dimostrare tutto, lo faremo quindi nei prossimi giorni».

E continua a sottolineare, Amato, quanto per Sos Impresa sia giusta e necessaria la norma applicata dalla prefetta De Miro: «È corretto che venga chiesto a tutte quante le associazioni di dimostrare queste cose. Per quanto riguarda noi, non parlerei di inattività. Seguiamo vittime costantemente». Un caso fra tutti, preso molto a cuore dal team di Palermo, è stato quello di un imprenditore prima vittima di usura e successivamente, dopo aver denunciato, vittima della banca che gli ha applicato interessi illegali finendo poi per metterne all’asta la casa a una cifra irrisoria. 

Silvia Buffa

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