«Sembra una banalità, ma è davvero un’emozione fortissima essere qua». A dirlo è una studentessa del master in Analisi, prevenzione e contrasto della Criminalità organizzata e della Corruzione, organizzato dal dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa. Attraverso un ciclo di incontri volti a indagare il rapporto fra giornalismo e fatti di mafia, gli studenti del master pisano si ritrovano sui luoghi delle stragi del passato avendo l’opportunità di rapportarsi con chi si rapporta con il fenomeno da anni. Da Maurizio De Lucia, sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia, a Franco Puglisi, fratello di padre Pino Puglisi ucciso a Brancaccio nel 1993.
«Staremo a Palermo sino al 23 maggio, poi a poco a poco cominceremo a tornare in base alle città da cui proveniamo» continua la studentessa, visibilmente emozionata. Gli incontri per far toccare con mano a questi studenti quelle realtà che fino ad ora avevano solo studiato attraverso i libri si susseguono uno dietro l’altro, e sono «solo per stomaci forti», come ripete più volte il giornalista Salvo Palazzolo, coordinatore di tutti gli appuntamenti del master. Durante il racconto di Angelo Mangano, il giornalista che raccoglie nel 1995 la ritrattazione di Enzuccio Scarantino sulla versione della strage di via D’Amelio, serpeggia fra i giovani un’emozione palpabile. Qualcuno tiene il capo chino, scrive qualche appunto frettoloso. Più in fondo si sentono i tocchi leggeri di chi annota tutto su un computer. Nel resto della sala del Teatro Brancaccio, però, gli sguardi sono fissi su quelle facce, immobili su quegli occhi, su quelle testimonianze in carne e ossa che hanno per nome ora Angelo Mangano, ora Maurizio Artale, presidente del centro Padre Nostro. Increduli, commossi, coinvolti. Solo di tanto in tanto qualcuno distoglie lo sguardo.
«Non riesco a descrivere a parole quello che ho provato in questi giorni e che continuo a provare ancora adesso» racconta un altro studente del master, «questo di Palermo è un viaggio che andava fatto, ne vale davvero la pena». A seguire gli incontri, presieduti dal professore Alberto Vannucci, direttore del master, non ci sono solo gli studenti. Molti sono, infatti, i giornalisti e i volontari del servizio civile desiderosi di assistere ai racconti dei testimoni e di prendere parte al dibattito. «Io lavoro per il centro Padre Nostro – racconta una volontaria – e non potevo mancare a questo incontro, ho sentito la necessità di doverci essere». Si parla di tutto, in questi appuntamenti, non solo di quelli che oggi sono annoverati come gli eroi della lotta alla mafia. Si parla soprattutto di chi eroe non lo è stato o di chi ha fatto della propria ambiguità una maschera ufficiale da mostrare in pubblico.
Si parla degli insospettabili, di quei personaggi legati alla storia di Palermo i cui contorni ancora oggi paiono sfumati, dal medico Giovanni Mercadante, accusato di essere vicino alle cosche, ad Arnaldo La Barbera, integerrimo capo del gruppo investigativo Falcone-Borsellino messo sul libro paga del Sisde, i servizi segreti italiani. Alla fine di ogni racconto le mani degli studenti si sollevano, le domande escono fuori come un fiume in piena. Qualcun altro, invece, condivide riflessioni ed esperienze personali. «Questi appuntamenti mi stanno lasciando dentro qualcosa che i soli libri non mi avevano mai potuto dare» dice alla fine un altro studente del master. Finiti gli incontri, però, c’è tempo anche per visitare le bellezze della città, con la classica passeggiata serale da piazza Castelnuovo al Teatro Massimo, attraverso l’affollata via Ruggero Settimo.
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