Da Licata allo studio dell’intelligenza artificiale «Resto qui, l’importante è aggiornarsi sempre»

Fabrizio Bellomo è di Licata, ha 19 anni ed è uno sviluppatore: uno che il futuro non lo subisce, ma lo applica; uno che l’inglese lo sa perché lo usa per lavoro. E che si potrebbe descrivere con tre aggettivi: autodidatta, autoprodotto e autonomo. Lo scorso 4 dicembre ha partecipato, vincendolo, all’Hackathon indetto dal ministero del Lavoro, dove si mettevano in palio diecimila euro per costruire un prototipo di app innovativa. «Questa – spiega Bellomo – è la competizione più difficile nel nostro settore, perché si realizza in sette ore il lavoro che normalmente viene svolto in un anno. A partire dal database che ci è stato fornito, ho sviluppato un coach che permette di fare query (interrogazioni) molto complesse, in modo da avere risultati più completi nelle ricerche». 

Autodidatta, il giovane agrigentino si è formato seguendo un percorso tutto suo: «Alle superiori avevo 4 in informatica. A 16 anni lavoravo come grafico e creavo siti web, poi mi sono specializzato in server e sicurezza. Nel 2014 ho vinto col mio team il WCap di Telecom italia, il concorso che sostiene i progetti di impresa innovativa con un premio di 25mila euro e la possibilità di incubare queste idee nell’acceleratore dell’azienda; in quell’occasione avevamo elaborato Capsule, un algoritmo che estrae informazioni dalle app degli utenti e le centralizza formando profili personalizzati. Negli ultimi tempi, infine, mi sono dedicato a IOS e all’artificial neural networking». Cioè? «L’intelligenza artificiale: il computer che prova emozioni e ha idee, sul presupposto che, per farlo, non sono necessari processi chimici, ma servono solo i byte. Questa sarà la nuova frontiera dell’informatica e della tecnologia». 

Bellomo ultimamente lavora in società con Fulvio Scichilone, altro giovane programmatore agrigentino con all’attivo una ventina di applicazione per Apple. «Bisogna investire nel fattore tempo. Io e il mio socio stiamo puntando su progetti nostri: attualmente con Brain stiamo studiando un device che simula i processi dei neuroni umani per riconoscere i luoghi e consigliare le app di volta in volta più adatte. Finora stiamo tarando i server per capire fino a dove possiamo spingerci, in attesa di mettere a punto un’app definitiva e costruirci su una startup che, a sua volta, sia la madre di altre imprese». 

Fabrizio ha fatto della propria passione un’occupazione che gli permette di raggiungere anche un altro risultato: non allontanarsi dalla sua città. «Potrei andarmene, ma per una serie di motivi, tra i quali il mare, preferisco stare a Licata. Del resto, il mio è un lavoro che si può fare stando ovunque, anche se ci si trova nel deserto; l’importante è aggiornarsi in continuazione: tecniche e nozioni cambiano di settimana in settimana e il nuovo diventa obsoleto nel giro di pochissimo tempo». Texting, coding, backuping, e la vita di Fabrizio continua a seguire una parabola non convenzionale, lontano dalle dinamiche ormai anchilosate delle carriere tradizionali ma ugualmente incentrata sulla ricerca e sull’approfondimento. 

«Anche se ho scelto di non iscrivermi all’università, ogni giorno trascorro almeno due ore, delle mie otto-nove lavorative, a studiare. Poi ci sono i periodi in cui devi stare davanti al pc per 15 ore o darti i turni per coprire tutto l’arco delle 24 ore». Cosa suggerisci ai tuoi coetanei? «Di credere nelle proprie passioni, e di concretizzarle in un lavoro».

Gino Pira

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