È lunedì, si va al lavoro. Quale? Per Ignazio Cutrò la vita, anche quella quotidiana, è cambiata di nuovo. Dopo gli attentati, le denunce, le indagini, e i procedimenti, adesso è stato assunto a tempo indeterminato dalla Regione Sicilia. Da imprenditore a burocrate nel giro di qualche anno e di qualche sisma esistenziale. La strada per arrivare a Bivona è impervia come la vita di Cutrò, servono sterzate, come quelle ch’egli stesso ha impresso alla sua carriera: ci vuole pazienza e attenzione, e abilità per cogliere gli scorci di bellezza che si aprono qua e là. Con una diga che fa da crinale al vuoto.
Alle porte della città delle pesche, 3mila abitanti in tutto, c’è un caseggiato: il nuovo ufficio del testimone di giustizia è lì, al primo piano. Per entrare al centro per l’impiego è obbligatorio un pass e dichiarare il motivo della visita; un uomo della scorta – un angelo, come lo definisce Cutrò – al pianoterra, e un altro su, assieme a lui. L’ex imprenditore, da giovedì scorso è un istruttore, categoria C1; il primo giorno, a riceverlo, c’erano il prefetto e il comandante provinciale dei carabinieri; adesso è solo, alla scrivania e nella società, come ha più volte ripetuto alla stampa. «Sono stato accolto bene, molti funzionari già li conoscevo; ora aspetto che mi spostino in un’altra stanza assieme a una collega».
Una moglie, due figli che non hanno potuto continuare l’università a causa della chiusura dell’impresa edile, e tanta voglia di lottare ancora contro la mafia, a tutti i livelli. Testimone, investigatore fai da te e legislatore. «Nel nostro ordinamento occorreva prevedere la figura della vittima viva: a tale scopo presentai al governatore Crocetta prima, e al ministro D’Alia dopo, il disegno di legge sull’inserimento nelle pubbliche amministrazioni di coloro che definisco ombre al buio». Adesso Ignazio Cutrò è un dipendente pubblico.
Ma cosa ne pensano i suoi colleghi? «È un pubblico ufficiale, come lo siamo tutti qui dentro – afferma uno di loro – ed è un lavoratore con gli stessi doveri e giorni di ferie degli altri; non è un privilegiato perché, essendo un obiettivo sensibile, è giusto che fruisca di queste misure». Anche loro rischiano ogni giorno possibili attentati. «Qua ci siamo adattati tutti. Io, personalmente, non ho paura: credo nelle istituzioni». Nel centro di Bivona, l’aria che si respira è quella di un paese tranquillo, dove tutti stanno al proprio posto. Cutrò, nell’immaginario di parte della collettività, forse, non lo è stato. «E chi lo vede?», risponde un commerciante. «Ogni tanto – continua l’uomo – si vede passare con la scorta. Ma tutti ‘sti soldi sono troppi. Se si sente in pericolo, perché non si trasferisce da un’altra parte?». Dall’altro lato della strada, un giovane professionista la pensa così: «Simpatico o antipatico che sia, professionale o meno come imprenditore, è oggettivamente da ammirare per quello che ha fatto, per ciò che ancora oggi sopporta. Da cittadino, sto con lui». Si sa: in Sicilia il centro di smistamento delle informazioni è il bar. Il titolare riempie un bicchiere d’acqua dal rubinetto. Che fortuna: avete l’acqua potabile. «Eh sì, almeno questo». Avete anche Cutrò. Il movimento rotatorio della mano, abbinato alle sopracciglia che si inarcano mentre la testa si inclina sorreggendo un sorriso da Gioconda, rende il messaggio inequivocabile. «Non ci facciamo mancare niente: tutto fa brodo». E si allontana. Esce addirittura dal bar.
Bivona alle spalle, con le sue pesche, i suoi 250 residenti inglesi e Cutrò con la sua vita nuova. Il dubbio è di aver ascoltato, ancora una volta il silenzio, l’indifferenza e il disappunto verso chi dà fastidio e non si adegua agli standard ancestrali della legge del più forte. Una telefonata ad un altro bivonese – l’onorevole Panepinto – è dirimente. «Sarà stata una giornata giornalisticamente negativa, perché posso garantire che il nostro non è un paese omertoso né mafioso. C’è gente che pensa, gente che ha occupato le terre e che non sopporta tutto ciò che è sopraffazione. Bivona è libertaria e democratica, la storia parla chiaro».
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